sabato 30 agosto 2014

Spicola (PDSicilia): “Governo politico o governo tecnico? Governo capace. Azzeriamo tutto e ripartiamo senza logiche di parte”


Nota completa (a seguire comunicato stampa).

Spicola (PDSicilia): “Governo politico o governo tecnico? Governo capace. Azzeriamo tutto e ripartiamo senza logiche di parte”

“Lunedì ci sarà l’ennesimo incontro al PD per discutere per l’ennesima volta delle stesse cose. Con l’aggravante delle vicende a cui abbiamo assistito. Riprenderemo in realtà da dove abbiamo interrotto, che è la stessa discussione che si protrae da un anno. Governo politico..governo tecnico..io direi governo capace. Cambiare una giunta non basta. Serve che nel mio partito ci mettiamo veramente in testa che è necessario cambiar testa, e non è un gioco di parole. Quella a cui hanno assistito e a cui assistono i siciliani e gli elettori del PD è una politica tutta strumentale, in cui ai colpi di teatro dei server che cedono, si contrappongono anche le dinamiche di parte a cui si sottopongono le decisioni che riguardano tutti:  prevedibile o imprevedibile, era il guasto tecnico di un server, no? Indipendente da volontà umana. E se ci sono anche delle irregolarità procedurali verranno individuate e sanzionate. E se ci sono delle incapacità vanno riconosciute, con umiltà. Con spirito di servizio verso i cittadini, non di auto salvaguardia. Dipendente da volontà umana è invece che decisioni serissime, come ad esempio i lavori su un interporto, debbano dipendere da logiche di parte. Inaccettabile. Che tutto, ogni cosa, venga triturato e strumentalizzato in tali logiche o in contrattazioni di scambio politico. Ripeto: è inaccettabile.

Tutti dicono “serve un cambio di passo”, io aggiungo: serve un cambio di testa.
Azzerare e ripartire? Certamente, sono d’accordo, ma su tutti i fronti: rifare la Giunta, tutta, i presidenti di Commissione e dell’Assemblea, completare la segreteria del PD e mettere nel piatto due riforme importanti: primo, una legge elettorale che ridisegni l’assetto istituzionale e i rapporti tra Presidente, Aula, Giunta ed elettori, che ricrei un rapporto di fiducia e credibilità, attenzione, da distinguere saggiamente dal consenso, perché gli ultimi tre presidenti sono stati eletti col consenso: uno è in galera, uno è indagato e il terzo vive le difficoltà che vediamo tutti. 
Il consenso ahimè non ha coincide spesso con la scelta del meglio, legato com’è a logiche clientelari e di scambio. Non solo, credo che siamo di fronte alla necessità di scelte che creeranno dissensi, non consensi. E non credo che i 90 deputati dell’Ars, con tutto il rispetto, siano in grado di sostenerle, le scelte che creano dissenso, con l’assetto istituzionale attuale. Secondo, serve una riforma dell’apparato burocratico amministrativo. Non c’è governo senza burocrazia. Ho letto e sentito, in seguito alle vicende a cui abbiamo assistito di tutto sul rapporto tra burocrazia e politica. Uno Stato si regge su un rapporto efficiente, efficace, neutro e credibile tra politica e burocrazia. Aggiungo: Politica capace e burocrazia competente. Un rapporto che non sia una questione di “fiducia personale”, ma di regola istituzionale. La burocrazia serve lo Stato. Tremo nel sentire “scelgo uno di cui mi fido” oppure “di quello non mi fido più”. Il burocrate non è in rapporto fiduciario, ma in rapporto neutro istituzionale con la politica. Osserviamo ciò che è accaduto e accade e vediamo come tale principio sia stato stravolto e frainteso. Serve una stretta sull'apparato amministrativo siciliano, regionale come locale, incapace di attuare qualunque mandato: di pianificazione, come di capacità di spesa per mancanza di aggiornamento formativo dei singoli dipendenti e funzionari. Disorganizzazione e incompetenza sono strutturali e il singolo che fa vede vanificata la sua azione in un sistema che non è governato e non fa.

Forse il mio partito dovrebbe discutere più dell'ammontare delle risorse e dei fondi Pac (da quelle per gli asili, a quelle sulle spese sociali) che si stanno perdendo e non usando e di come fare assistenza tecnica alle amministrazioni su queste cose, che sono le cose che cambiano la vita dei cittadini. 
Dentro il partito completare la segreteria e convocare quanto prima tavoli di crisi per ogni ambito che riguardi i problemi della Sicilia, non del PD.

Qualcuno dice: andiamo a votare, oppure commissariamo la Sicilia. Non credo che senza un cambio di testa e quelle due riforme strutturali cambierebbe granchè.
Dunque, se siamo onesti intellettualmente, se non siamo ancora una volta schiavi delle logiche di parte, o schiavi di noi stessi e della nostra autoconservazione, azzeriamo tutto. Tutto però. Con coraggio. Se no alziamo bandiera bianca.
Tutte queste cose viaggiano insieme all’idea che chiunque arrivi adesso debba essere “uno bravo”. Assessori competenti a prescindere, non perché sono vicini a quello o a quell’altro. Lo dico al presidente, lo dico al mio partito, lo dico ai partiti della coalizione di maggioranza. E non mi basta nemmeno la medaglietta di “politico”. Non mi pare che i gloriosi assessori politici degli ultimi 30 anni abbiano condotto la Sicilia verso lidi dorati. Anzi, sono stati i veri artefici del disastro, si sono mangiati pure i tavoli delle sedie e hanno convinto i siciliani tutti che la politica fosse quella: mangiarsi tutto. Nessuno mi dica che dobbiamo rimpiangere quelle stagioni. Nemmeno con un “sì ma almeno queste cose non accadevano”. Accadeva questo e il peggio di questo, ma faceva comodo a tutti far finta di nulla. Compreso ai siciliani.

Non possiamo pensare di ricorrere nell'affidare i ruoli sempre alla persona più vicina. Anche se mediamente valida. E' necessario mettere in campo le competenze, non le incompetenze. Non i "vediamo come se la cava, imparerà".
Di fronte a gravissime malattie possiamo continuare a voler bene al nostro medico condotto, alla sua esperienza, ma è dallo specialista che si corre. Il virus dell’ebola non lo cura un medico condotto, per quanto bravo e le riforme si fanno con le competenze.

Nel PD dobbiamo capirlo che o si attua veramente una svolta radicale oppure saremo punto e d’accapo.

Personalmente non sarò d’accordo con nessun accorducolo su due o tre o quattro o anche tutti gli assessori e sulla riffa dei nomi per poi lasciare intatte le dinamiche che negli ultimi 30 anni ci hanno condotto in fondo al fosso.  L’ho già detto una volta, Su tali vicende non parlo più da “renziana” da mesi, parlo da vicesegretario del Partito Democratico tutto, in modo libero e indipendente, e non sono nè sul piatto degli assessori, nè in campagna elettorale. 

Mi sento di rappresentare, per queste riflessioni, - maturate da tempo, ma accelerate dal caos a cui abbiamo assistito -, nulla togliendo alle anime del PD, in modo trasversale, un'area vasta del partito, tanti iscritti del pd, tanti elettori e tanti cittadini, che stanno vivendo con estremo disagio ciò che accade. Le aree siano una ricchezza di elaborazione politica, non uno scontro di logiche di potere che distrugge ogni azione o decisione politica. Specialmente in un momento gravissimo come quello attuale. Mi carico di responsabilità e di colpa qualora il mio partito, o esponenti del mio partito, non siano sempre in grado di ammettere sbagli palesi, o continuino a reiterare scelte sbagliate, e, se serve, sono pronta a dimettermi dalla mia carica per ricreare un rapporto di fiducia con la nostra gente. La politica dello scarica barile è solo una politica irresponsabile.

Credo che i siciliani non hanno bisogno di  un Partito Democratico in cui i loro problemi non siano un rimbalzo di palla per logiche tutte interne alla politica. Tremo all’idea di quello che sarà affrontare problemi seri con tali logiche: come i regolamenti di attuazione sui rifiuti, la riforma della Formazione, l’energia… Vorrei che rappresentassimo tutti loro, i cittadini, e non una parte del PD. Non se lo possono permettere loro e non ce lo possiamo permettere noi. Per far questo, per evitare che le mie parole entrino nel tritacarne delle strumentalizzazioni, dei retro pensieri e delle dietrologie, ho già messo le mani avanti: non sono sul piatto degli assessori, né in campagna elettorale. Svolgo semplicemente il mio ruolo, che spero sia sempr quello di usare la politica per i cittadini, in una logica collettiva e non individuale, e non viceversa quello di usare i cittadini per la politica, o peggio per un partito, o peggio per una parte di partito, o peggio che mai i cittadini per me stessa. Forse sto chiedendo l’impossibile alla politica siciliana, abituata strutturalmente ad altro, ma è quello che, secondo l'opinione di tanti di noi, serve.”


Comunicato stampa 

Spicola (PDSicilia): “Governo politico o governo tecnico? Governo capace. Azzeriamo tutto e ripartiamo senza logiche di parte”

"Lunedì ci sarà l’ennesimo incontro al PD per discutere per l’ennesima volta delle stesse cose. Con l’aggravante delle vicende a cui abbiamo assistito. Riprenderemo in realtà da dove abbiamo interrotto, che è la stessa discussione che si protrae da un anno. Governo politico..governo tecnico..io direi governo capace. Cambiare una giunta non basta. "

Queste le riflessioni della vicesegretaria del PD Siciliano riguardo le vicende politiche siciliane,  

"Tutti dicono “serve un cambio di passo”, è vero, così non possiamo continuare. Ma io aggiungo: serve un cambio di testa.
Azzerare e ripartire? Sono d’accordo, ma su tutti i fronti: rifare la Giunta, tutta, i presidenti di Commissione e dell’Assemblea, completare la segreteria del PD e mettere nel piatto due riforme importanti: primo, una legge elettorale che ridisegni l’assetto istituzionale e i rapporti tra Presidente, Aula, Giunta ed elettori, che ricrei un rapporto di fiducia e credibilità. Secondo, serve una riforma dell’apparato burocratico amministrativo.
Non c’è governo senza burocrazia. Uno Stato si regge su un rapporto efficiente, efficace, neutro e credibile tra politica e burocrazia. Politica capace e burocrazia competente in rapporto istituzionale non fiduciario. La riforma della burocrazia deve andare insieme a una stretta sull'apparato amministrativo, regionale e locale. Qualificare il comparto e ridare qualità e capacità alla spesa, soprattutto quella dei fondi comunitari. Siamo come sempre al palo. Stiamo ad esempio perdendo i fondi Pac, oppure li spendiamo male, perchè gli uffici regionali e quelli comunali non lavorano in sinergia, quando non sanno proprio da dove iniziare, per incapacità o inerzia.Quelli che si spendono si stanno spendendo male."

Così continua:
"Serve che nel mio partito ci mettiamo in testa che è necessario cambiar testa, e non è un gioco di parole. Quella a cui hanno assistito e a cui assistono i siciliani e gli elettori del PD è una politica tutta strumentale, in cui ai colpi di teatro dei server che cedono, si contrappongono anche le dinamiche di parte a cui si sottopongono le decisioni che riguardano tutti. Dipendente da volontà umana è che decisioni serissime, come ad esempio i lavori su un interporto, debbano dipendere da logiche di parte. Inaccettabile."

Così conclude:
"Qualcuno dice: andiamo a votare, oppure commissariamo la Sicilia. Non credo che senza un cambio di testa e senza quelle due riforme strutturali cambierebbe granchè.
Senza essere ancora una volta schiavi delle logiche di parte, o schiavi di noi stessi e della nostra autoconservazione, azzeriamo tutto. 
Personalmente non sarò d’accordo con nessun accorducolo su due o tre o quattro o anche tutti gli assessori e sulla riffa dei nomi per poi lasciare intatte le dinamiche che negli ultimi 30 anni ci hanno condotto in fondo al fosso.  

Su tali vicende non parlo più da “renziana” da mesi, parlo da vicesegretario del Partito Democratico tutto, in modo libero e indipendente, e non sono nè sul piatto degli assessori, nè in campagna elettorale. Mi sento di rappresentare, per queste riflessioni, - maturate da tempo, ma accelerate dal caos a cui abbiamo assistito -, nulla togliendo alle anime del PD, in modo trasversale, un'area vasta del partito, tanti iscritti del pd, tanti elettori e tanti cittadini, che stanno vivendo con estremo disagio ciò che accade. Le aree siano una ricchezza di elaborazione politica, non uno scontro di logiche di potere che distrugge ogni azione o decisione politica. Specialmente in un momento gravissimo come quello attuale. Mi carico di responsabilità e di colpa qualora il mio partito, o esponenti del mio partito, non siano sempre in grado di ammettere sbagli palesi, o continuino a reiterare scelte sbagliate, e, se serve, sono pronta a dimettermi dalla mia carica per ricreare un rapporto di fiducia con la nostra gente. La politica dello scarica barile è solo una politica irresponsabile."

giovedì 28 agosto 2014

Scuola: abbattere le diseguaglianze

Con tutto quello che bolle in pentola, di cui presto potremo discutere, appena escono le dichiarazioni ufficiali, su tutte la stabilizzazione proposta da Renzi di tutte le persone inserite nelle Gae, 
posto intanto una mia riflessione comparsa su RepubblicaSera del 26 agosto.
L'articolo è precedente alle dichiarazioni del Governo o alle anticipazioni sulla stampa e rappresenta la mia idea, a mia riflessione, la mia risposta alla domanda: cosa faresti tu e qual è la tua idea di scuola.

Ero presente nella riunione sulla scuola con la delegazione del PDScuola, che si è svolta a Roma qualche giorno fa a palazzo Chigi, ma tengo fede alla promessa di non dire nulla prima che Matteo si pronunci.
Ma quello che leggete è il senso di quello che ho portato.

PS piccola precisazione, la definizione di middle management scolastico, che trovate nell'articolo inserita tra parentesi è un'aggiunta della redazione, poco esatta direi. Diversamente da quel che appare scritto, si tratta di un team intermedio di gestione, tra la docenza e la dirigenza, a supporto della dirigenza.




lunedì 25 agosto 2014

A Lucia Borsellino: scusaci, se puoi.



Cara Lucia,

Vorrei regalarti un sorriso leggero, in senso calviniano, per averne in cambio uno eguale, ma so perfettamente che chi ha vissuto quello che hai vissuto tu, non sorriderà mai più di un sorriso senza nubi.
Ma una cosa posso dartela: la sicurezza del sostegno e il mio grazie.
Non pensare che io sia sola, siamo in tanti, tantissimi a dirti grazie ogni giorno e non solo quando siamo riuniti in giornate commemorative. Ogni giorno.

Ho letto stamattina parole piene di un dolore che arriva come un macigno. Come abbiamo potuto permettere tutto ciò in silenzio?
"Stanca di chiedere scusa per il cognome Il mio futuro lontano dalla Sicilia
Come abbiamo potuto permettere che venisse meno l'affetto e il sostegno profondo che tutti noi dobbiamo alla tua famiglia, che ti arrivasse sempre più affievolito il debito incommenurabile, la cura doverosa, che vi dobbiamo, a te e alla tua famiglia? Non solo in ricordo di tuo padre, ma anche per come avete deciso di vivere la vostra vita: come vostro padre, al servizio dello Stato, in modo onesto e quotidianamente. E non era scontato. Non uno Stato generico, ma la collettività. E' azione durissima da compiere, giorno dopo giorno, perché si han più venti contro che a favore. Al di là della retorica, la quotidianità del servizio poi è sudore e fatica. No, non era scontato che i figli di Paolo Borsellino decidessero di rimanere al servizio delle istituzioni, dentro le istituzioni, in modo attivo. Scusaci se puoi. 

Vorrei riuscire a rassicurarti e dirti che mai è venuto meno e mai verrà meno il nostro sostegno, non pentirtene di avere intrapreso quella strada difficilissima e densa di insidie; mai e vai avanti. Sei esempio, per tanti ragazzi e ragazze. Che sappiano intraprendere anche oro scelte simili senza generalizzare o banalizzare la loro voglia d'impegno in una grigia e indistinta antipolitica. 
Ti chiedo: non pensare di andar mai via dalla Sicilia, perchè la nostra Sicilia siete tu e le persone come te.  

Il tuo incarico, che è politico, non tecnico, politico nel segno più nobile, concentrato sul servizio per gli altri e non per una parte, nè tantomeno per un interesse personale, lungi dal divenire una colpa, condotto con lo spirito di servizio con cui tu lo stai svolgendo, è solo un atto nel solco bello e nobile dell'educazione impartita dal tuo papá non solo a voi, suoi figli naturali, ma a tutti noi, che di quegli eventi siamo figli, spesso ingrati.
Il rischio della strumentalizzazione è altissimo, lo si ridimensiona e controlla non chiedendo nulla in cambio, esattamente come stai facendo tu.

Il prezzo che si paga, sul piano personale, è altissimo, lo so, e lo sai. Perchè a volte, o spesso, o si sbaglia o si è impotenti. E da te lo sbaglio non è ammesso. E ancor più spesso le azioni si moltiplicano in reazioni non sempre prevedibili o controllabili. 
Immagino che sostenere eventuali errori con un'immagine pubblica quale tu hai è mille volte "peggio" di quella che viviamo alcuni di noi che abbiamo deciso di avere un impegno politico o amministrativo o istituzionale per puro spirito di servizio. 

E il mille volte peggio significa che ogni cosa, ogni atto, ogni parola, viene sottoposta al vaglio dell'equivoco e si trasforma e muta sotto la lente impietosa di un sistema mediatico che ormai poco ha di informazione e tanto di deformazione. 
Accade che per mille cose fatte bene solo la cosa che non ha funzionato diventa quella per cui si vien definiti. Ma è nelle cose. E' la stampa, è la comunicazione, è la dinamica politica.
Impara a governare anche quelle. Dando loro la giusta distanza e il giusto peso. Molto minore rispetto all'importanza delle idee e alle azioni che seguono alle idee.
Una lente deformante che negli anni ha deciso quanto fossero superflue proprio le idee e quanto più importanti fossero le analisi, o meglio, le accuse alla persona. Passano meglio e son più leggibili del resto.
L'importante è caricarsi gli eventuali sbagli, con determinazione e chiarezza. Se sbaglio è stato. 
E se non lo è stato, andare avanti. Con la stessa andatura.
Eleanor Roosevelt diceva menti piccole parlano di persone, menti mediocri di fatti, grandi menti di idee. Scegli a cosa vuoi replicare: se alle accuse alla persona, ai fatti o alle idee. 

Tu sei interprete di una grande, grandissima idea, che dovrebbe essere la norma elementare del vivere sociale: agire per la collettività. Non lo è, son rare le persone come te, ma sono necessarie: creano l'esempio e ricreano quella rete di fiducia sempre più difficile da instaurare tra cittadino e Stato, qualora ci fosse mai stata tale fiducia in questa terra potentissima che ti schiaccia nel bene come nel male.
Invece di ripiegarti nel privato hai deciso per una vita activa. Cioè politica. Come politica dovrebbe essere la vita di tutti, se non  si è cittadini activi non si è uomini, diceva la Arendt.
Il segreto è agire e rispondere prima che agli altri alla propria coscienza, secondo i principi sani e chiari che chi meglio di te può conoscere? Sii conscia di rappresentare una grande idea, fattela bastare nei momenti di amarezza e il tuo cognome, lungi dall'essere un peso, sia garanzia del nostro grazie. 
Il punto è saperlo e attrezzarsi, con carattere e con sensibilità. 

Qualcuno un tempo mi ha detto: nessuno ti dirà mai grazie, anzi, il contrario. Non sei perfetta, Lucia, nessuno lo è. Forse la tua azione istituzionale potrebbe essere migliore, forse potrebbe essere peggiore, tutti sappiamo che non è facile agire. 
In questo momento di iene e di veleni, nella politica, nell'amministrazione, nella società e nei giornali si pretende solo la perfezione. Di un tipo tutto particolare però: quel tipo di perfezione che è nella testa dei mille occhi che hai puntati addosso, e dunque mille perfezioni diverse.Cerca di tenertene fuori, aspira alle cose semplicemente fatte per bene e misura il tuo massimo rispetto alla tua coscienza. Esigilo quel massimo perchè è nostro dovere, ma come la normalità. 
Pensa però che non è facile per nessuno, nella politica, nell'amministrazione, nella società e financo nei giornali. 
Si sbaglia, è normale, si è umani. Con onestà gli sbagli si pagano quando ci sono, e quando non ci sono meglio così. Non farti il sangue marcio se te ne attribuiscono troppi. Difenditi, chiarisci, ma mettili in conto, non farti abbattere dagli sbagli non fatti.

Il tuo sbaglio, magari piccolo, o inesistente, in cima alla montagna, sotto osservazione perenne, arriva come una slavina a valle, a chi osserva da fuori e come slavina viene giudicato. Senza sconti, in modo strumentale a seconda delle circostanze, dagli avversari politici o da un sistema informativo impietoso e pronto ad adeguare fatti a pregiudizi spacciati per giudizi. O alla ricerca di scoop su scoop, sempre più esclamativi. Ma è nelle cose. Non è bello, ma è nelle cose. Viviamo tempi di antipolitica, anche a ragione. E nemmeno i costumi etici collettivi aiutano o sono in grado di sostenerti. L'immoralità delle azioni individuali, anche e soprattutto nei confronti dello Stato, è un costume trasversale troppo diffuso, ahimè, perchè tu possa confidare su un generico Paese che ti sostenga sempre. Ripeto, attrezzati, siine consapevole. Ferisce il fango, ma se non è fondato, il fango scivola subito. 
Vai avanti. 

La Sicilia è una terra che perdona crimini e criminali, dimentica e giustifica, perchè da loro si aspetta crimini e disonestà, e le piccole disonestà quotidiane sono fatti troppo diffusi e socialmente accettati per riconoscerle come tali su se stessi, ma non perdona il più piccolo sbaglio, vero o presunto che sia, amministrativo o politico, dagli onesti, specie se hanno un ruolo, specie sa hanno un cognome.
Perchè dell'onestà, della normalità della rettitudine, troppi non sanno nemmeno che farsene. 
Mentre della disonestà sanno farsene tutto.
Anche la più banale raccomandazione o richiesta del favore son disonestà. 
Quanti favori esigono ogni giorno da te ritenendoli dovuti? E quanti no ti capita di dire? Sono quei no il motivo per cui ogni siciliano dovrebbe dirti grazie, certo non i sì di cui è campata e affondata la Sicilia e che continuano a rimpiangere o a evocare.
Eppure quei sì, che recano il secondo nome di imbroglio, li pretendono tutti e nessuno li vede come tale o condanna.

C'è anche da dire che l'onestà è una pratica, non un'astrazione da cerimonia, e c'è da dire che la politica onesta è la politica capace. 
Quanto è difficile identificarle oggi le capacità necessarie? A quanti incapaci si è dato credito nel passato perchè faceva comodo e per averne in cambio qualcosa? E oggi sono addirittura rimpianti. 
E quanti incapaci sono scelti e votati? 

Ricordati che questa è la Sicilia, ma tutto cambia e anche la Sicilia può cambiare.
Tu sei silenziosamente pericolosa, perchè non chiedi in cambio nulla. 
E per questo silenziosamente ti giudicheranno con durezza maggiore. Non sui giornali, ma nell'animo di tanti. E' questo quel che devi combattere, con lo stesso silenzio attivo, con l'esempio, non tanto qualche giudizio di stampa più duro o ingiusto di altri. 
Fai una cosa, fa che sia più duro di ogni giudizio degli altri il giudizio della tua coscienza, se passi quello il resto è facile. 
A fare la propria parte con onestà, con impegno, mettendoci tutte le capacità e coltivandole soprattutto quelle capacità, ci si prova e ci si deve provare. Ci stai provando e molti te lo riconosciamo. A te è chiesto di più che agli altri?
Non pensare che sia solo per il tuo cognome, è anche perchè sei onesta.
Spero che il tuo futuro sia un giorno più lieve del tuo presente. Perchè sarai riuscita a fare qualcosa e sarai soddisfatta intimamente per quel qualcosa. 
Comunque qua, in Sicilia, non altrove. Perchè dalla Sicilia si può partire, ma non fuggire. Specialmente tu. Prendi i miei come semplici consigli, come un abbraccio, non come altro, non devo venirtela a raccontare, ma ti giunga davvero come un abbraccio, con delle parole fuori luogo, sicuramente fuori luogo, sbaglio spesso anche io ma,

Grazie Lucia. 

Mila

venerdì 22 agosto 2014

Spicola (PD Sicilia): “La tragedia di Catania? Poteva evitarsi, come tante altre. E’ anche colpa mia”



Spicola (PD Sicilia): “La tragedia di Catania? Poteva evitarsi, come tante altre. E’ anche colpa mia”

“L’accoltellamento delle due bambine a Catania da parte del padre, se sconvolge noi donne, noi tutti, figurarci come stia sconvolgendo la loro mamma. E’ una doccia di fiamme quella che ci ha colpito stamattina. 
  • Donne e bambine sgozzate,ammazzate,ferite,bruciate. Non accade ai confini del mondo. Accade in Italia.Ci siamo assuefatti alle nostre morti?
Una bambina uccisa in questo modo, non possiamo rimanere fermi e tutta l'Italia deve reagire a questa guerra, non solo alle altre. Mi chiedo come l' Onu non ci invada. 
A un anno dall’approvazione del decreto Alfano-Letta contro la violenza di genere, contro i “raptus dell’abbandono”, siamo punto e a capo e duole dire ancora una volta “noi lo avevamo previsto”. Ma non mi consola affatto, e non serve ripeterlo, di fronte a tragedie disumane come questa, adesso basta con i “noi lo avevamo detto”. Anche questa morte poteva evitarsi. E siamo tutti colpevoli nell’ indifferenza e nella superficialità, soprattutto della politica. Mi sembra che guardiamo le guerre altrui, gli obbrobri che si verificano alla fine del mondo sottovalutando i nostri.

Il padre di Catania è disoccupato da due anni, con 4 figli. Quali disagi sono cresciuti in quella casa? I quale silenzio e solitudine?

Quali provvedimenti  stiamo finanziando per supportare e potenziare i presidi territoriali contro le violenze di genere, per supportare le famiglie e le coppie in disagio, per prevenire i “raptus delle passioni”, per sostenere psicologicamente le famiglie in crisi, ed evitare tragedie che invece sono azioni sempre identificabili e prevenibili? Basta oggi dare l'ergastolo a quell'uomo per sanarci la coscienza? La giusta pena non riporterà in vita quella bimba. Il punto è che le reponsabilità non sempre e non sono solo individuali, ma in questo caso sono collettive.

Dobbiamo prevenirle le morti, non basta punirle. Forse alcune di noi che da anni premono per azioni vere e serie a contrasto del male oscuro delle violenze domestiche dovremmo a questo punto imporci.”

“Personalmente mi sento colpevole, in qualità di vicesegretario del PD Sicilia, per non aver fatto di più. Il 90% delle violenze domestiche e delle morti di genere è evitabile. Lo scorso anno dissi e ridissi che il decreto Alfano-Letta sarebbe stato assolutamente insufficiente e che era il caso di ascoltare e supportare chi da anni si occupa di prevenzione e sostegno contro la violenza di genere e la crisi aumenterà i numeri. Dovevo urlarlo, dovevo fare massa critica, dovevo pretendere altro dal mio partito e impormi.

E' necessario attribuire la delega delle pari opportunità nel governo Renzi per ricominciare un discorso interrotto. Lo dico da dirigente nazionale del Partito Democratico, non solo come donna e cittadina.”

Agire a monte e agire veramente a contrasto, non solo con le pene e le condanne, ma con provvedimenti risolutivi sul breve termine, ed educativi e di programmazione nel lungo termine.

E’ necessario sostenere e potenziare la rete di identificazione, supporto e affiancamento territoriale fatta di educazione, servizi sociali, rete antiviolenza che già esiste ed opera ma che ha visto depotenziati negli anni sostegni e supporti. Ascoltare e dare: perché già sanno cosa fare contro queste violenze e hanno chiesto di poterlo fare. E' necessario intraprendere un cammino educativo collettivo, attraverso le scuole e attrraverso gli educatori”

Se il governo nazionale non ci ascolta intanto agiamo in Sicilia. Lancio un appello al governo Crocetta, a tutti gli assessorati competenti e al mio partito: svegliamoci. Svegliamoci. La Sicilia sfrutti la sua autonomia dandosi una propria regolamentazione contro la violenza di genere che comprenda la prevenzione soprattutto e il sostegno alle azioni possibili potenziando e supportando azioni educative e rete antiviolenza. Basta ascoltare gli operatori e fare. 
E lancio un appello alle donne e agli uomini. Lo abbiamo fatto, facciamolo ancor di più. Abbiamo parlato finora? Abbiamo manifestato? Adesso è l’ora di pretendere tutti insieme, perché la politica si convinca ancor di più. Iniziando a dire #ècolpanostra nel momento in cui non identifichiamo le azioni possibili ed efficaci. Non le impossibili o inefficaci. “”

Mila Spicola
vicesegretario del PD Sicilia

giovedì 21 agosto 2014

Scuola: straordinario! Arriva "Lo Straordinario"!


Quanti di noi rimangono a scuola a "tempo indeterminato e indefinito"? Tanti.
Quanti di noi superano ampiamente le 40 ore previste nel contratto per le attività funzionali all'insegnamento? Tanti.
Al di lá del monte ore delle lezioni frontali, definito, certo, stabilito, tutto il resto, comprese le attivitá collegiali, infatti è sempre aleatorio lo sappiamo bene. Si sa quando iniziano e a volte non si sa quanto durano. Anche perchè il calcolo del lavoro del docente è tanto complesso e misterioso quanto la sezione aurea degli antichi, e come quella ha un che di magico. 

In realtá non è così aleatorio quel tempo, potremmo definirlo ed esigerne soddisfazione, ma in pochi lo sappiamo.
Infatti, se nell'espletare le attività collegiali si va oltre le 40 ore annuali, c'è la possibilitá di definire quel tempo e di chiederne pagamento, c'è cioè il 'rischio' che l'amministrazione si trovi costretta a pagare glistraordinari.
Avete letto bene, straordinario. Parola che non ha mai varcato la soglia di una scuola.
La normativa che fa riferimento a questo importante aspetto è contenuta nell'articolo 29 del contratto di lavoro e la clausola negoziale, in esso contenuto, parla di 40 ore annuali come soglia massima per le riunioni del consiglio di classe e altre 40 ore per le riunioni del collegio dei docenti e per gli incontri scuola-famiglia di natura collegiale. Se si oltrepassa questa soglia, scatta lo straordinario secondo quanto esposto nella tabella 5 allegata alcontratto di lavoro. Tradotto in cifre: ogni ora di straordinario comporterebbe il pagamento di 17,5 euro lorde.
Evento straordinario, nevvè?  

In molte delle nostre scuole il 'monte' di 40 ore viene puntualmente superato e diversi docenti accettano di svolgere questo 'surplus' gratis, fatto che sarebbe vietato ai sensi di legge.
Ma non basta, essendo una violazione di clausole contrattuali i dirigenti scolastici sarebbero esposti a seri rischi per quanto riguarda la loro responsabilità amministrativa ed è per questo motivo che dovranno fare molta attenzione a rispettare tale limite, in sede di elaborazione del piano annuale delle attività. Ma anche in sede di espletamento di tali attivitá. Nessun sforamento, mi raccomando, allo scadere delle 40 ore ...mi raccomando: matite riposte oppure attivate il timing e la calcolatrice. 
A questo proposito, la Corte dei Conti ha già messo in preallarme i dirigenti scolastici:attenzione al piano annuale e al limite delle 40 ore, perchè c'è il pericolo di azioni di rivalsa, e a quel punto rischiano sul fronte delle responsabilità disciplinari.

martedì 19 agosto 2014

Mario Centorrino, il mio ricordo.

Ci sentivamo spesso io e Centorrino quando era assessore all'istruzione e formazione.
La prima volta che lo incontrai dal vivo fu quando con le amiche e compagne di insieme per la Scuola portammo quel documento che era una petizione per la scuola siciliana (lo trovate qui, nella colonna laterale: https://www.facebook.com/groups/147678985315635/?ref=ts&fref=ts ). Lo aveva firmato pure Andrea Camilleri quell'appello e ci sembrò una conquista quando Centorrino ci ricevette.
Non sapevamo abbastanza che in Sicilia le cose vanno avanti non solo e non tanto con gli assessori, ma con un combinato disposto di volontà le più varie. Lo imparammo eccome.

Lo rividi in occasione di un dibattito organizzato alla presenza di Enrico Letta, a Cinisi.
Alla fine dell'intervento mi stupì perchè disse davanti a tutti: ho offerto più volte alla professoressa Spicola di essere mia consulente, glielo chiedo nuovamente di fronte a Enrico Letta, immagino che non potrà rifiutare.
Sorrise perchè sapeva che ancora una volta avrei detto no, questa volta pubblicamente.
Era l'era Lombardo e mai e poi mai avrei messo la firma su un contratto di consulenza.

Però gli diedi la mia disponibilità, libera, indipendente, senza contratti. Per cui a volte ci sentivamo, io per dirgli delle cose e viceversa.
Una volta glielo chiesi, eravamo seduti nella hall dell'excelsior, dove spesso alloggiava e dove chiacchieravamo a volte, perchè è a pochi passi da casa mia: ma come può stare una persona per bene come lei in un governo Lombardo?
"Perchè l'ambizione è un dato, cara mia, e anche tu dovresti coltivarla. Fosse solo per far cose giuste."
Punti di vista, dissentii, e ne parlammo per una buona mezzora, pacatamente, con quel tono sereno e forbito che aveva Mario Centorrino.

Un gentleman, una persona colta e preparata, dal mio punto di vista ha fatto degli sbagli e ha avuto delle incoerenze, glielo dicevo volta per volta e volta per volta mi rispondeva: "Vero è, Mila, è più facile essere eroi che galantuomini" e io, puntualmente "Ma lei lo è, galantuomo, forse al penultimo livello prima del patinum, si ferma al gold, magari ci arrivassi anche io."
E ridevamo.
La terra ti sia lieve, Mario.



"Non sono addetto allo smontaggio""Sei in una scuola, Cristo santo"


Scusate se l'ho scritta per come l'ho detta.
Di cosa stiamo parlando?
Operazione "Scuole belle" (trovate un approfondimento qui: http://espresso.repubblica.it/inchieste/2014/08/19/news/il-flop-del-programma-di-renzi-scuolebelle-1.177066?ref=HRBZ-1 ). Quasi tutte le scuole hanno ricevuto direttamente dal Miur, dunque senza passare dagli enti locali, delle somme per "l'abbellimento", leggi la manutenzione ordinaria, per cui in questi giorni in moltissime scuole si stanno eseguendo lavori di piccola manutenzione: tinteggiatura, tinteggiatura, tinteggiatura,...
No, non mi si è incantato il disco. Possono solo tinteggiare. E a certe condizioni. E non con ditte scelte e qualificate a fare lavori simili, ma solo con  quello che "passa il convento", cioè i precari degli enti locali, almeno in Sicilia.
Quel che sento e vedo non mi convince proprio in pieno.Anzi per nulla.

I lavori vengono affidati a quell'esercito di lavoratori precari presenti in ogni comune, abilitati ai "piccoli lavori" attraverso un velocissimo corso e vengono supervisionati non da un tecnico, ma dal preside. Ebbene sì, che deve immaginarsi esperto in rinzaffi, stuccature, intonaci, tinteggiature. Esattamente l'opposto di quel che ciascuno di noi definirebbe "lavoro ben fatto".

Approfondisco la questione e chiedo: "Scusa, in cosa consistono questi piccoli lavori? Possono smontare arredi?" "NO".
"Possono effettuare piccoli aggiustamenti agli impianti, elettrico o di riscaldamento?" "NO"
"Possono montare tapparelle, infissi, maniglie, porte,.." "Sì, se la scuola li compra".
"Ma ci sono fondi anche per l'acquisto di materiale elettrico, edile o di arredi?""NO" Tapparelle, infissi, maniglie, porte,..lo sono.
Ok, non possiamo comprar nulla, possiamo solo aggiustare (con certe cautele e limitazioni) o tinteggiare (fino a una certa altezza. Giuro).
Accontentiamoci.
Mi arriva però la segnalazione da una preside: "Mila ti rendi conto? Tinteggiano le aule ma non spostano gli armadietti". Non sono addetti allo smontaggio. ?????????!!!!!!!!!!!!!!
Sto vedendo cose che voi umani..presidi coi capelli ritti in testa più del solito. Quelli che ancora li hanno.
E ricordo a tutti che tra 11 giorni i docenti tornano tutti a scuola...tra pennelli, secchi di intonaci e scale?

Ok, basta. Mi arrendo.E il sangue mi va alla testa.
Cazzo, ho capito: non avete l'assicurazione dello smontaggio dell'armadietto perchè una scheggia impertinente potrebbe colpirvi? Giusto?
E non siete addetti a sistemare impianti elettrici, idraulici, etc..? Giusto?
Però avete bisogno di lavorare, tenete famiglia e il lavoro nobilita l'uomo.
Che nobiltà è questa, scusate? Che alleva la furbizia e la pigrizia? Mentale e caratteriale prima che fisica.
Ci sono pure i vostri figli tra quei banchi, non è solo il luogo dello Stato nemico, quello da prendere per i fondelli. No. E' il luogo in cui stanno i vostri figli.
E' la cameretta di Luigi, tuo nipote. Ce l'avrai un nipote no? Una sorella a cui hai dato una mano per smontare, trasportare e rimontare un lettino? Sì o no?
Che mutazione genetica, da uomo a stronzo, subite quando andate a lavorare per lo Stato? Siete precari e dunque con le dita fragili?
Viene un sindacalista e mi rimprovera duramente: i diritti del lavoratore non vanno messi sottogamba, se non sono abilitati, non si può aprire la maglia del lavoro non ammesso.

Ammesso e non concesso, lo viene a dire a me che i diritti del lavoratore non vanno messi sottogamba? A me che mi becco da mattino a sera l'accusa di ipersindacalizzata quando difendo un lavoratore? Ma io difendo un lavoratore, non un fancazzista. O un furbo.
A me sembra che lavorano a sazia, come dice mia madre.
Ovviamente non tutti, ovviamente coi se e coi ma. Ma non ce n'è uno che si arrisica a far qualcosa per cui "non è abilitato".
Sai che c'è signor Pip, pop, lsu, gesip, gesap, sirop? C'è che quando tuo figlio cade in classe e si sbuccia il ginocchio, invece di volargli in un millimicron di secondo accanto, pronta con l'alcol, il cotone idrofilo e il cerotto, pregando il signore e tutti i santi che solo una sbucciatura sia mentre lo medico, sai che c'è, rimango in cattedra, non mi muovo. "Non sono addetta" al soccorso sanitario.
Ma prof, lei ha la tutela! Tutela de che? Manco pe niente. Io non sono addetta al soccorso sanitario. Dovrei avere un diploma di infermiera, l'assicurazione e i vaccini specifici per esercitare il soccorso: antitetanica, anti-anti, e un assistente, non sia mai che mentre soccorro il bambino in classe, venisse un terremoto e poi me ne vado in galera per non aver sfollato il resto della classe.
E poi, se il bambino ha una reazione allergica al farmaco? Vedi sopra, me ne vado dritta per dritta... in galera.

Era febbraio circa, 3 anni fa, il buon Rossi della 1 g, scuola media, ragazzino pluriripetente, ben piantato e con una stazza notevole, con problemi caratteriali che poi vennero diagnosticati come schizofrenia, decise durante la ricreazione che Mario, compagnetto piccolo, urlava troppo e a lui dava fastidio. "Non si urla a scuola!". Giusto no? Lo sollevò letteralmente da terra nel tentativo di sbatterlo al muro. Non so quale velocità e quale forza, forse il teletrasporto divino a cui siamo addetti tutti gli insegnanti, mi fecero materializzare tra Mario e il muro. Acchiappai Mario strappandoglielo, ma il ragazzo era nel pieno del delirio e mi beccai qualche calcio e qualche pugno.
I compagni urlavano nel corridoio cercando di far alzare quell'altro pip che era sereno e seduto nel corridoio. Sereno e seduto rimase.
Non era mica addetto a rispondere ai ragazzini o a correre in soccorso. Era addetto solo a spostare, e male, una scopa, tra le 13.30 e le 14.00. Però lo pagavamo tutti quanti, compresi voi, per un servizio 8-14.
Furono quei bambini a evitare il peggio.

No, non potevo certo dire di essere caduta dalle scale, come le donne picchiate dai mariti. Perchè il primo pensiero di tutti noi fu di salvaguardare Rossi. Ma dal male il bene: i genitori capirono finalmente che era il caso di curarlo ed è stato comunque uno dei nostri alunni più protetti e amati, quel ragazzino lì.
Lo incontrai per strada, al rientro, dopo due giorni di convalescenza, davanti scuola l'addetto allo spostamento della scopa. "Non per me ma per i ragazzi, si ricordi sempre che questa che vede qua davanti e dove entra tutte le mattine, è una scuola. Non il suo parcheggio. Lei ha diritto a lavorare, certo. Altrove, per quel che mi riguarda. Non in una scuola, se non muta testa".
Qualcuno sa che tipetti sono i precari pip, ex lsu, por, gep, scaf, che arrivano nelle scuole di Palermo. Alcuni degnissimi. Altri no.
Costui era "l'altro no". Lungi dal comprendere mi coprì d'insulti tirando dentro il sindacato. Un altro da cui essere detestata.
In tutto ciò, per chi non lo sapesse, le graduatorie dei bidelli statali, che l'assicurazione, oltre che la formazione, ce l'hanno pure per soffiare il naso al bimbo che piange se necessario, e che si mettono sottosopra a far di tutto, se necessario, stanno al palo. Si chiama "esternalizzazione dei servizi". Perchè così funzionano meglio, son cooperative private o aziende municipalizzate. Stica. Il verbo rende l'idea. Io quel pip lì, quel giorno, a voglia se lo avrei "esternalizzato". Migliaia di chilometri lontano da una scuola.
Il bidello statale che è stato selezionato per fare il bidello, cioè pulire, sostenere, accorrere, vigilare, assistere, e chi più ne ha ne metta, sta a casa, e nella scuola arrivano eserciti di "non sono addetto". Così vanno e male le cose sotto il cielo d'Italia.
Sarebbe il caso di capire che chiunque varca la soglia di una scuola, compreso lo spicciafaccende, deve essere iper-addetto. I servizi a scuola vanno internalizzati, seguiti, valutati. Altro che esternalizzati.

Scuole belle.Torniamo a tinteggiare. A tinte chiare o fosche?
Caro Pip, lo so che tieni famiglia e che no, non sei addetto a smontare o a spostare gli armadietti. Ma guarda che tutto sto ambaradan delle scuole belle è stato armato e ordito per farti lavorare. Alla fine son solo soldi dati per tinteggiar scuole a non addetti ai lavori e non per altro, e magari alcune scuole non ne avevano bisogno e aspettano ancora l'altro finanziamento per interventi strutturali, più lento perchè passa dagli enti locali, dagli uffici tecnici, e da tutte le lentezze infami a cui non ci abitueremo mai.
Ce li stiam letteralmente togliendo di bocca tutti quanti quei soldi lì per far lavorare il non addetto allo smontaggio. E sarebbe pure cosa giusta che li facessimo fruttare quei soldi, impiegandoli al meglio, non al così così o al tanto per.
Lavorare. Cioè esercitare tutta la nobiltà di cui sei capace. Non di farci capire quanto in basso è caduta l'Italia. Lavorare per lo Stato non vuol dire andare a passeggiare, vuol dire lavorare per tuo figlio, cioè fare in modo che gli ingranaggi non si inceppino mai e tutto funzioni al meglio. Per lui, non per lo Stato ladro, per lui. Tieni famiglia no? No, non è una banalità retorica, perchè vi giuro ne vedo a centinaia di persone a cui questa cosa, banale e retorica, non gli entra bene in testa.

Ora, a me non va di stabilire sempre colpe e responsabilità , ma di aggiustare barche sfondate sì. Perchè quella è la mia barca. Lo Stato. La Scuola (anche perchè la faccenda è complicata: i fondi sono del miur, dati direttamente alle scuole, ma il personale da impiegare per le manutenzioni è il pozzo senza fondo dei precari comunali, dunque con contratti sindacali locali. Ammirevole l'intenzione di impiegarli in qualche modo e farli lavorare. Ripeto però, ai rispettivi sindacati e amministratori locali: farli lavorare. Anche se..varrebbe anche per loro, soprattutto per loro, che non han superato concorsi o valutazioni o selezioni di nessun tipo, e nessuno sa cosa sappiano o possano fare, l'adagio che la scuola non è un ammortizzatore sociale. O no?)

Vorrei che tutti quanti nella scala delle responsabilità capissero che dentro una scuola si è addetti a tutto.
A me tocca salir sulle sedie se necessario, per appendere un cartellone ed essere tutelata ai sensi della legge se la sedia si sfonda (ed è successo anche questo. A Marisa, prof di italiano, gamba spezzata e nessun rimborso), anche se non ho superato un concorso per questo, e a te pip, pop, rap, ad occuparti di varie e soprattutto degli eventuali, che poi son la norma nelle scuole.
No, non ditemi che a Marisa non toccasse salir sulla sedia, perchè in una scuola tocca tutto a tutti, perchè su quella stessa sedia saltano appena meno te lo aspetti gli alunni più vispi. E se si fosse sfondata sotto il peso di un alunno e la gamba spezzata fosse dell'alunno? E che c'entra questo? Solo per comunicarvi che i docenti italiani non si possono iscrivere all'inail e che godono di assicurazione inail contro gli infortuni solo e soltanto quelli di educazione motoria. Gli altri nisba, a nostro rischio e pericolo. Cioè, a rigor di logica, "non saremmo addetti" nemmeno noi a fare l'80 % delle cose che normalmente facciamo. Siamo in una scuola, Cristo santo. Però qualche tutela, non dico tutte quelle che hanno i lavoratori che in queste ore stan lentamente tinteggiando la parte centrale delle parei di un'aula, ma qualcuna in più potremmo averla anche noi docenti.

A te che stai lavorando con "scuole belle", sarebbe il caso di farti (con un sindacato attento e dalla parte dei bambini per una volta) un altro contratto, con un'assicurazione adeguata visto che comanda il tuo agire l'assicurazione e non la tua testa. "Gente saggia, gente vera, gente sana, in scuole belle", perchè i bambini vengono educati con l'esempio non coi sermoni, diceva Pertini.
Così come sarebbe il caso di farla pure a me docente l'assicurazione contro gli infortuni, no?

Che senso ha lavorar così? Efficienza, efficacia, merito. Boh. Disegno punti interrogativi nell'aria.
No, non ci siamo. Non si aggiusta sta varca sfunnata così. Falliscono tutte le buone intenzioni a monte, in una catena da un lato di sfacinnati, di furbi, di lagnusi e di procedure arruginite che sono il terreno di coltura migliore per tutto ciò e dall'altro di eroismi mal intesi, non da premiare, ma da evitare, perchè sono solo segni di malfunzionamento del sistema, non segno di "coraggio e volontà".
E non posso nemmeno rimproverarli, nè gli uni nè gli altri, per carità, perchè il sindacato, giustamente, corre a difenderli.
Ma il sindacato non può correre a predisporre contratti adeguati, non per normale contrattazione di parte, ma per far ciò che serve fare a seconda di dove vai? Per la collettività che dovremmo essere e siamo. Portando la normalità. Carusi, non l'eccezionale, il normale.

Così non aggiusti, finisci solo di rompere.
Sei in una scuola, Cristo santo.

lunedì 18 agosto 2014

Il flop dei concorsi in Italia: chi seleziona chi?



di Mila Spicola

Ultimo arrivato nel lungo elenco degli strafalcioni in test selettivi per accedere a concorsi è quello per il TFA 2014. Tirocinio Formativo Attivo, cioè il corso di un anno che si frequenta all'Università per poter accedere alle supplenze, cioè al primo gradino della splendida carriera di insegnante italiano, pagando fior di quattrini.
Non voglio entrare nel terreno di valutazione del TFA, se servano al futuro docente o servano per rimpinguare le casse vuote degli atenei e far guadagnare qualcosa a giovani ricercatori sempre a caccio di un tozzo di pane.
Parleremo in questo post di validità delle selezioni per accedervi. Ad oggi sono un disastro. Anche i test di quest'anno sono farciti da gemme di ignoranza.
Ma l'elenco è lungo e non privo di sorprese. Non esiste uno che si dica uno test selettivo di ammissione a concorsi organizzati dal Miur in Italia che non sia funestato da errori, bachi, domande con risposte multiple immaginifiche. Con relative piogge di ricorsi.
Questo comporta forti, fortissimi dubbi poi sul personale selezionato.
Ma ancor più forti dubbi relativi ai selezionatori.

E allora mi vien da dire che in Italia, al di là della retorica sulla "valutazione necessaria", agitata come un vessillo dai crociati dell'efficienza, tale valutazione sia una illustre sconosciuta.
Cioè è lecito nutrire forti perplessità non tanto e non solo sui valutati, ma soprattutto e sempre sui valutatori. Allargando i dubbi ai meccanismi di valutazione.

Alcuni esperti addebitano la cosa alla tradizione dei paesi latini, usi a metodi e processi valutativi di tipo orientativamente qualitativo a fronte dei paesi anglosassoni esperti in sistemi selettivi e valutativi di tipo quantitativo.

Al di là del giudizio di preferenza sull'uno o l'altro metodo, anche perchè verrebbe qualcuno a dirmi che il rigorosamente quantitativo reca con sè tracce di qualitativo e viceversa, e, ancor più, in Italia, sia l'uno che l'altro falliscono, banalmente dico che, a voler fare dell'efficienza e dell'efficacia le bussole della vita sociale pubblica e privata, ognuno dovrebbe essere chiamato a fare ciò che sa far meglio.Da noi il "quantitativo" fallisce miseramente ad ogni tornata. A voglia preferirlo per l'obiettività, la semplicità organizzativa.
E se qualcuno mi convince del fatto che sui grandi numeri solo con metodi quantitativi e standardizzati puoi agire io osservo ciò che accade in Italia, puntualmente, ad ogni concorso e affermo che fallisce tanto quanto i vecchi metodi.

Arriva sempre il tizio intelligente che dice: aboliamo i concorsi. Io dico: impariamo a farli.
Come quello che dice aboliamo le province, aboliamo le regioni, aboliamo le autonomie speciali.
E poi si ritrova il caos delle funzioni non riassegnate.
Io dico: impariamo a far bene le cose e non avventuriamoci nell'ignoto. A meno di farlo benissimo e meglio di bene.

Qualunque cosa, impariamo a farla bene? E impariamo a sanzionare definitivamente chi sbaglia? Non solo chi commette lo sbaglio, ma chi è responsabile del processo.
Accountability, giusto? Senza deroghe. Perchè i concorsi non possono abolirsi. Così come l'idiozia non può travolgere gli ultimi barlumi di giudizio.

In Italia i valutatori i test non li sanno preparare, organizzare, svolgere, correggere. E' un dato certo. Cioè non solo sono spesso errati i test in sè, con strafalcioni nelle singole domande, ma le intere procedure annegano sempre nell'indistinto. Solo che le domande son visibili ai più, gli errori procedurali meno.Ma ci sono, eccome se ci sono. Dai cellulari ammessi, ai libri consultati tranquillamente, dalle discrezionalità diverse da aula ad aula. Questo a valle. A monte c'è di peggio. E il pesce da che mondo è mondo puzza sempre dalla testa. Roba che l'irregolarità, leggi l'imbroglio, diventa l'unica regola ammessa in ogni tipo di selezione. Altro che "il quantitativo ci salva perchè è uniforme e obiettivo". E' obiettivamente aggirabile qualunque cosa in un paese che ha fatto dell'irregolarità il suo costume sociale base e dove il soggettivo trionfa sempre.

Altra critica, questa di metodo, non di etica, che può farsi alle nostre procedure selettive nel pubblico: di fronte ai grandi numeri da selezionare, le prove preselettive quantitative (cioè i test), nei paesi che le sanno fare e bene da decenni, non si soffermano ad accertare come primo livello selettivo le conoscenze ma le attitudini.
Competenze e conoscenze vengono poi accertate negli altri livelli selettivi del concorso, con il campione più ristretto di coloro che han superato i test.
Ma "il grosso" viene esaminato in test psico-attitudinali, che accertano la predisposizione a seconda del tipo di lavoro che si sarà chiamati a svolgere.
Questo comporta maggiore rigore e maggiore efficacia dei processi di selezione. Va da sè: maggiore professionalità nel personale immesso.

Da noi invece abbiamo in ogni singolo concorso almeno 4 livelli di selezione, magari con modalità diverse, test, tema, prova scritta, saggio, prova orale, ma che accertano sempre e solo una cosa: conoscenze. Più raramente competenze.
Attitudini mai. Eppure, nei concorsi fatti bene, dovrebbe essere il primo livello di ammissione a un concorso. Dopo aver stabilito i criteri quantitativi e certificativi di base (età, titoli di studio, esperienze).

Da noi le attitudini, non le conoscenze, bensì le attitudini all'insegnamento (ma vale per quasi tutti i concorsi nel pubblico servizio) chi le accerta e valuta in ingresso? Nessuno. Andiamo ancora più a monte: dovremmo persino soffermarci a identificarle, stabilirle e saperle valutare. Cosa che mai mai. La ricerca educativa è al palo in Italia e gli argomenti indagati e aggiornati in tale ricerca si affievoliscono sempre di più. Di attitudini e competenze del bagaglio della professione docente si parla e si studia e si ricerca pochissimo.
Le attitudini non sono "un dono divino", un "talento innato", altro grande equivoco delle società arretrate, sono strumenti professionali che si identificano e coltivano tanto quanto le conoscenze e le competenze. Eppure nessuno individua, forma e valuta, nè nel percorso formativo, nè all'ingresso nel percorso selettivo,  nè nel processo professionali in itinere.

Poi però ci mettiamo tutti in croce in discussioni infinite e inutili sulla valutazione dell'operato degli insegnanti le cui carenze spesso riguardano carenze attitudinali prima che professionali.
La maggior parte delle eventuali "inefficienze" deriva da scarsissime attitudini psico-attitudinali (che possono comunque acquisirsi prima dei processi selettivi, lungo il corso degli studi, e difficilmente recuperarsi dopo, una volta che si è in cattedra): ci vuole una psiche bestiale per fare il docente. Infatti il 65% dei docenti, dopo 20 anni d'insegnamento va in burn out, gli si brucia il cervello. Vero è ben anche al docente con attitudini ottime, viste le condizioni di lavoro e di pessima organizzazione, ma al docente con scarsa attitudine l'embolo gli parte persino prima.
Però non vengono esaminate in nessun processo selettivo e invece son persino più "semplici" da esaminare nelle prove di selezione coi grandi numeri.
I test psicoattitudinali professionali ( che nascono nel mondo militare durante le due grandi guerre e poi si diffondono velocemente in tutti gli altri ambiti) infatti sono quelli che hanno una tradizione più antica nel mondo internazionale del lavoro.

Per tornare alla scuola, è ovvia la considerazione che si può essere un brillante matematico ma un pessimo docente di matematica.
Noi non solo non li facciamo, ma gli altri test che facciamo, quelli di conoscenze e competenze, li toppiamo dieci volte su dieci.
Insomma c'è del marcio in Danimarca e al Miur nemmeno si scherza. In quanto a procedure fallimentari ogni anno ci regalano sorprese. Dai test del concorso a preside, a quelli del concorsone, al Tfa...Non se ne azzecca una. E ogni anno la colpa è sempre delle famose "società esterne a cui ci affidiamo".

Ma i responsabili dei processi e delle procedure non dovrebbero essere ministeriali? Chi seleziona i dirigenti ministeriali? Che attitudini, conoscenze e competenze mostrano anno dopo anno quando ci caricano di tali fallimenti? Chi ne valuta le attitudini all'ingresso, le conoscenze e competenze in ingresso e poi in itinere?
Quale grande mente e quale braccio mettono in piedi i processi valutativi in Italia? Che principi seguono le procedure? Chi seleziona i selezionatori? Perchè si affidano puntualmente a società che sbagliano? Sfidando persino la statistica, visto che sbagliano sempre e matematicamente?

Come diceva la mitica preside Bruno alla riottosa neo prof Spicola: "Mila, le procedure, ricorda, le procedure. Son quelle che ti salvano se le conosci, ti incastrano se non le conosci. Puoi essere la prof migliore del mondo."

Ecco, i ministri della Pubblica Istruzione dovrebbero far tesoro dei consigli di una vecchia preside oggi in pensione. Perchè è vero, oggi tutti imbrogliano, ma almeno, dalla testa, si raddrizzino le procedure.

A cosa va incontro il giovane laureato a cui viene la folle idea di voler fare l'insegnante? A una sequela di ricorsi. Ecco, si prepari il candidato in processi e metodi per ricorrere. Sono quelli che lo condurranno in cattedra.





giovedì 14 agosto 2014

Spicola (PD): “Rimpasto? Mi tiro fuori dal gioco delle parti”

“A quanti mi state chiamando,

So che il mio nome "circola sul piatto” per il rimpasto. Smentisco serenamente e pubblicamente, piuttosto che farlo ad ogni singola telefonata. Già un anno fa “ho messo le mani avanti” con un no preventivo e non ho cambiato idea. E, sinceramente, dopo un anno, la Sicilia e il PD stiamo ancora fermi a questo? Al rimpasto e non al progetto? Mentre la programmazione comunitaria, su cui avevamo persino basato la campagna per il crongresso regionale del PD, sta al palo, tanto sembra irrilevante rispetto all'annosa quaestio del rimpasto?...Ormai è stucchevole tutto ciò.
Però qualcosa voglio aggiungerla.

Premessa: non me lo han chiesto, ma mi son già tirata fuori dal “rischio” dando la mia piena e totale in-disponibilità, un anno fa come adesso. Per tre motivi.

Primo: Io non ho votato il presidente Crocetta, e per non votarlo mi dimisi dal PD, sostengo oggi il suo governo in modo aperto e leale, come vicesegretario del suo partito, che è anche il mio, e lo sostengo oggi quando i suoi azionisti di maggioranza di allora gli si stan rivoltando contro, (posso dirlo? nessuna fiducia allora in quegli azionisti, ne intravedevo la strumentalità allora e la intravedo anche oggi), ma non posso accettare nemmeno lontanamente l’ipotesi di entrare in giunta in un governo di cui non ho condiviso le premesse, quelle premesse, e non mi era chiaro il progetto. Il secondo si può in effetti comprendere oggi, arricchire e costruire, quelle premesse no.

Secondo motivo: mai mai mi immaginerei in una carica istituzionale per meriti di parte e non personali; sono un vicesegretario “in quota renziana” è vero, ma anche se io da sempre sostengo Renzi pienamente, non sono “renziana”, nel senso che se qualcosa seguo totalmente  sono la mia coscienza, la mia autonomia di pensiero e non altro. In totale libertà. Le aree possono essere, e lo sono, una ricchezza dentro un partito come elaborazione ed espressione di pluralismo, ma le cariche istituzionali dovremmo iniziare a concepirle “in quota Sicilia” non in “quota di area”, ubbidendo a logiche delle competenze e non a quelle delle appartenenze.
Chi ha il coraggio di buttare il manuale Cencelli in Italia e iniziare a scovale le teste migliori e non quelle più fedeli? E chi ha il coraggio di votare rappresentanti che siano i migliori e non quelli che assicurino i favori? Quella delle competenze, delle classi dirigenti, politiche come anche burocratiche o economiche o sindacali, è la vera emergenza siciliana e credo che il minimo che il mio partito possa fare per “fare la rivoluzione” è buttare alle ortiche l’aberrazione dei posizionamenti e metterci tutti quanti a cercare“medici bravi per le cure del moribondo”.
Perché quello a cui assistiamo da anni, logiche di posizionamento unite a logiche di scambio, non è più realismo politico, non ha nulla di reale ormai, di collegato alla realtà,  ma si tratta sempre più di grottesco iperrealismo, completamente sganciato da ciò che la realtà esigerebbe, e che alla realtà e alle emergenze oppone sempre risposte frutto di strumentalizazione di parte.
Mi sembra che lo spettacolo offerto dalle vicende di approvazione della finanziaria sia in tal senso chiarissimo.
Sarò l’unica, ma per quel che mi riguarda non mi sento di cedere a tale gioco e di entrare nel turbine delle discussioni o delle divisioni sui nomi e le parti. Il turbine a cui partecipare dovrebbe essere quello della programmazione, della pianificazione e della riforma.

Terzo: dico no con sofferenza, non nego che mi farebbe piacere, non solo per ovvia ambizione personale, bensì per mettere a servizio le mie eventuali competenze nel campo dell’istruzione, ma non mi sento pronta. Capisco che un assessorato di questi tempi non si nega a nessuno, e tutti si sentono adatti a farlo e in qualunque ambito, ma a me lo nego io. Ci vogliono i controcazzi di competenze oggi per avvicinarsi solo all'idea. Non mi sento pronta e devo finire il dottorato che sto frequentando a Roma, "ove tanta parte di me si spende" e che non sto frequentando per parcheggio ma per intento.
Se mai sarà, accetterò una carica istituzionale e non elettiva per le mie competenze, per i miei studi, per le mie proposte, e perché lo chiede il mondo che io rappresento, la scuola. Non perché me lo chiede un partito, meno che mai una parte del mio partito, ad esempio la mia. E' da mondo di Ork sperarlo? E se non sarà, va bene lo stesso. Io non ho bisogno di nulla, ho avuto tutto quello che volevo dalla vita, tranne dare.
Rimango comunque a disposizione, apertamente e pubblicamente, da vicesegretario del suo partito, della giunta Crocetta. Anche se mi chiedo, quale presidente o assessore è oggi in grado di dare svolte se l’assetto istituzionale di un ente, in questo caso la Regione Sicilia,- all’ars, nelle giunte, nei gangli burocratici e in quelli amministrativi -, è malato ab origine?”

La Sicilia è in una condizione così grave che è giunta l’ora di dire basta alle discussioni di parte e partito, o anche di salotto: o facciamo tutti un passo indietro nelle logiche di parte e uno avanti nel tentativo di salvarla oppure “non ce ne sarà per nessuno”. Noto un fiorire di analisi tanto acute quanto inutili, spesso fatte da persone che in questi anni hanno fatto parte a pieno titolo della classe dirigente, politica, culturale, dirigenziale, sindacale siciliana, che pare parlino come calati da un'altra galassia.

A cosa servono tali analisi spesso ovvie, fatte adesso? Serve il progetto e serve il cambio di verso collettivo. E spesso, rintraccio in molte analisi, non posizioni libere, ma posizioni strumentali e di parte, non va più bene.
Serve un cambio di paradigma che sacrifichi le parti e i se stessi a favore del tutto e delle mediazioni al rialzo.
Qualcuno mi ha definito Alice nel Paese delle Meraviglie quando dico certe cose, e costoro? Li vedo più astratti di me. Anche se, tra i difetti che mi rintraccio non trovo l'astrazione. Qualcuno mi accusa di “troppo idealismo”, “vive fuori dal mondo”. Non è che questo mondo ci vada proprio bene, direi. Ho sempre creduto che non ci sia nulla di più concreto, serio e utile di una vita di ideali in cui ciascuno fa serenamente la propria parte e il proprio meglio, delegando il minimo e mettendoci del proprio, e nulla di più concreto e utile di politica di ideali e di visione comune e non di favori elargiti e di normicchie di parte scollegate e vane. Senza idealismo, o anche ideologia, per quanto bistrattata o fuori moda che sia, non c’è progetto sociale che funzioni e senza ideali non si può programmare. Sfido costoro a raccontarmi che tipo di programmazione abbiamo visto o sentito o fatto in questi ultimi decenni.
Infine: non è cambiando la Giunta che cambia il destino della Sicilia, o anche di questo governo. Lo dico inseme a tanti, ma lo dico anche io. Eppur bisogna andare. Per cui insieme al lamento cerchiamo di capire cosa fare.

Proposta.
Non si può fare pienamente l'assessore nè, ancor più grave, si possono espletare azioni politiche serie e complete se non si mettono in campo alcuni provvedimenti ormai ineludibili.
E’ necessario mettere in campo tre riforme istituzionali, che non son norme lontane ma cose da cui dipende direttamente la regolarità di funzionamento della vita delle persone:
1.una nuova legge elettorale che ristabilisca rapporti coerenti e regole chiare e nuove tra governo, partiti e deputati, perchè così è un vietnam continuo, le leggi vengono stravolte in aula in un gioco al ribasso, esempio? Le leggi di riforma dei rifiuti, quella delle province e quella dell'acqua pubblica;
2.una seria riforma dell’apparato amministrativo regionale e degli enti locali, che riqualifichi anche i processi e il personale, perchè è l'anello debolissimo della catena, esempio? La difficoltà di messa in campo di regolamenti di attuazione per ogni legge, la difficoltà non solo di programmazione ma anche di attuazione delle programmazioni nazionali, regionali, comunitarie i cui effetti si perdono nella catena delle incompetenze;
3. un sistema rigoroso e trasparente di valutazione, monitoraggio e verifica dell’attività e delle decisioni degli apparati burocratici, siamo nelle loro mani, verificarne l'azione è il minimo che possiamo pretendere, per evitare pasticci passati, recenti e futuri. Esempi? Da dove iniziamo con l'elenco? Dal Piano Giovani?

Se non si fanno queste tre cose, a chiunque si candida a Presidente della Regione o ad Assessore manco in bocca al lupo potremmmo fargli. Per quanto folle e difficile sarà la sua missione.

E infine è necessaria, ma quello dipende "solo" da cultura, educazione e coscienza individuale, la riforma di ogni testa nostra, politica o “civile”, della gente comune, quando sceglie e vota i propri rappresentanti per se stessa e non per la collettività,  per averne qualcosa in cambio personalmente e non per tutti, come dipende dal cambio di testa dei politici o dei dirigenti. Smettiamola di pensare a noi stessi e a cosa c’è “pi mmia”, o il proprio recinto, al di qua dell’uscio della propria vita. Concretamente dico che non è strada che spunta. Non più. E' esplosa una bomba e nessuno vuole accorgersene. Quando ci sono eventi drammatici ci si unisce e si costruisce per "l'insieme", per il "fuori dall'uscio", uscendo dal privato e irrompendo nel pubblico, per il tutto e non per le parti. Non regge l'individualismo cronico del siciliano e nemmeno l'individualismo liberale che tanti agitano come vessillo. E questo è un programma politico valido oggi per tutti, dalla singola persona, alsingolo gruppo, alla singola vertenza, al singolo partito. Non è retorica è serena costatazione. Come recitano i più grandi economisti contemporanei, da Sen, a Stiglitz, a Pikketty, non si esce dalla crisi se non con un serio intento comune, non individuale, contro le diseguaglianze e le povertà, in modo capace, moderno e competente però, non con vuota retorica e trionfo di incompetenze o di "ci mettu l'assessori miu, picchì? unn'è bravu? Addirittura in quota sindaci.."
Prima dovremmo stabilire a far cosa?
Di incompetenze, diseguaglianze e povertà la Sicilia è emblema europeo. Ma sarebbe il meno, essere emblema. Purtroppo di incompetenze che ricadono sugli altri, di speranze vane, di consigli sbagliati muore il futuro dei nostri figli, se restano, perchè vedono che le dinamiche son solo quelle e non il proprio merito. E dunque quelle replicano e non ricercano la propria competenza bensì l'eterna cooptazione, a prescindere da ciò che sanno o non sanno.
E vale per ogni angolo di ufficio siculo o di incarico o di selezione o di lavoro pubblico. Una mancanza di rispetto atavica nei confronto dello Stato e delle sue Istituzioni..
Se poi accade che sanno o fanno è per botta di culo o per una qualità del tutto discrezionale, non un criterio selettivo o valutativo. Assurdo e vergognosamente suicida come modus operandi. Se diamo l'idea che per i migliori non c'è spazio, e che dai migliori non è richiesto nulla nei gangli dello Stato, anzi, se ne può fare a meno, se si accetta l'idea che per chi studia e si prepara al meglio non c'è spazio, costoro, i capaci e i meritevoli, non ci pensano due volte ad andare ad essere altrove la ricchezza per altre nazioni. E noi ci attacchiamo al tram dell'eterno lamento e della deresponsabilizzazione personale quando ci imbattiamo nelle catene delle inefficienze che son la regola della Sicilia.
In realtà chiediamoci in cosa e quando abbiamo contribuito a quella catena, partecipando anche noi al meccanismo del favore. Non inceppando mai tale regola.
Io dico che tale regola è la nostra condanna e, via via accettata e mai negata, ci porta direttamente in alto, al senso di questo post. L'importanza dei no quando i sì sono distorti.

E' difficile un cambio di testa simile, perchè non lo si delega agli altri il cambio della coscienza, lo si pretende da se stessi o dai propri figli e parenti e amici, ed è dura, perchè siamo stati abituati a tutt'altro; ma di fronte a una situazione così drammatica non son le scorciatoie che ci aiuteranno, queste ci lanciano direttamente nel burrone. Qualunque altra modalità provocherà, alla lunga, desertificazione civile e reale. Magari il cambio di testa comincia dai no e dagli esempi che possiamo rappresentare agli altri. In modo sereno e quotidiano. Personalmente dico che in questo momento non mi merito di fare l'assessore e a queste condizioni, di contesto e di struttura e di premesse, non sarei capace di farlo. E non mi basta l'ammettere che molti sono stati assessori e non ne sapevano un bel nulla di quel che andavano a fare. E non mi basta l'ammettere che tutti gli assessori rispondano a logiche di parte e non di necessità collettive e dunque, o così o niente.

Col sorriso concludo, perché già immagino certi commenti, le dietrologie e le futurologie, :-) macchisene, nessuno mi chieda più se farò l’assessore, o, ad ogni elezione, la possibile candidata perenne a qualcosa, non sono disponibile per adesso, meno che mai "in quota di parte". Anche se i treni passano, facciamoli passare, qualora dovessero passare, ma in Sicilia i treni stan fermi..dunque c'è speranza. :-)
Se mi candiderò a questo o a quello, anche a consigliere di circoscrizione, sarò io a chiederlo e a dirlo, quando sarà e se sarà, pubblicamente e apertamente, al momento opportuno e voi a dirmi sì o no, il pd, o gli elettori, serenamente, in quota Sicilia.”

Mila

venerdì 8 agosto 2014

Ecco perchè #quota96 riguarda tutti. Tutti.

Perdonate l'ostinazione in questo giro di boa di ferragosto, ma torno a farvi riflettere sulla questione "quota 96" cercando di farvene capire l'importanza. Faccio finta di avere davanti il dottor Cottarelli e con lui tutta quella schiera di italiani che scuote le spalle poco convinta quando parla della vicenda dei quota 96.

Con l'espressione quota96 si indicano 3.976 docenti che all'epoca della legge Fornero avevano maturato gli anni di servizio per la pensione ed era già in procinto di lasciare la scuola.
Per un errore stupido ma gravissimo, un errore di calcolo, del tipo 2 più 2 uguale 5, di quelli che se lo facesse un qualunque studente agli esami di maturità verrebbe bocciato, questi 3.976 sono rimasti intrappolati nelle maglie della moderna Inquisizione: la Burocrazia. Ancora più rigide quando si sommano ad errori tecnici e non politici.

Qualcuno si era dimenticato di comunicare all'allora ministra Fornero che i docenti non maturano la pensione a dicembre, ma a settembre. Poichè l'anno lavorativo del docente e dunque la sua presa in servizio quando entra di ruolo, inizia il 1 settembre e non il 1 gennaio.

I 3976 avevano maturato tutti gli anni di pensione, tranne che per loro c'eran 4 mesi di sfasamento da considerare rispetto alle categorie del pubblico servizio. Ed erano 4 mesi che a ritroso, quando avevano iniziato la loro magnifica e improgressiva carriera scolastica avevano prestato normalmente come servizio.

Questo per dirvi cosa? A caratteri cubitali e in grassetto: NON DI PRIVILEGIO O SCIVOLO SI TRATTA MA DI ERRORE TECNICO FATTO DA INCOMPETENTI DA SANARE.

Così dunque inizia da allora la battaglia per sanarlo questo errore. Non sono esodati, non sono privlegiati, non sono. Questa vicenda era stata tenuta sotto traccia ma viva in questi due anni, a gennaio una petizione messa da noi on line e la tenacia di tutti e 3976 ha riportato sulle pagine dei quotidiani la vicenda.

Perchè ormai non è la politica a guidare il corso sociale ma son le pressioni sociali a guidare la politica. E la speranza era di convogliare l'interesse pubblico su questa vicenda. Non raccontandola solo come il diritto dei lavoratori di andarsene in pensione quando spetta loro (non sarebbe di per sè bastevole? No, non lo era stato) ma ricordando che 4 mila docenti in pensione comportano 4 mila assunzioni, in un paese dove la disoccupazione giovanile è ai livelli che conosciamo e dove la classe docente è la più vecchia del mondo.

Niente da fare. E' andata come è andata.

Posso dirlo? No, non mi sta bene. E la dico tutta: questa vicenda non riguarda più nemmeno i 4 mila docenti pensionandi, e nemmeno i 4 mila docenti da assumere. Riguarda tutti e comporta una locuzione non di poco conto: il concetto di diritto acquisito.

Vado al sodo: anche il signor Cottarelli andrà in pensione avendo maturato i suoi anni di lavoro (contributivo, retributivo, quello che sarà, e comunque ai senso della legge in vigore quando ciò accadrà) giusto? Anche il più accanito editorialista liberale convinto che il padre di tutti i mali del Paese sia da ricercare nell'entità della spesa pubblica andrà in pensione un giorno, giusto?

Ebbene, verrà quel giorno e un destino beffardo, manco tanto destino e manco tanto remoto, potrebbe abbattersi sul suo collo stanco e sui suoi pensieri stanchi e fargli la stessa identica sorpresa: no, mi spiace, lei non può. E perchè? Perchè no. Mi scusi! Ma è un mio diritto acquisito! Ecchisenefrega. Chi se ne frega dei diritti acquisiti.
Chi se ne frega dei diritti acquisiti.

Non so se tutti ricordano il tetto alle pensioni oltre i 240 mila euro che si voleva introdurre circa un anno fa. Non se ne fece nulla. Ricordate?
E come mai?
L'ordine dei giornalisti italiani (attenzione, attenzione, ripeto, l'ordine dei giornalisti, non l'ordine degli alti burocrati o degli alti manager, l'ordine dei giornalisti, quei santi, buoni e moralisti giornalisti italiani) fece ricorso al Tar contro il provvedimento. E, badate bene, lo vinse. Venne accolto. E, badate ancor più bene, con la seguente motivazione: trattasi di diritto acquisito. E chi si ci mette contro il Sacro Ordine dei Giornalisti Italiani Uniti?
Sacro Ordine non in difesa di quei poveri scarcagnati a 2 euro a pezzo scritto, ma a difesa delle pensioni dei giornalisti che superano i 240 mila euro.
Diritti acquisiti. Mi son zitita di botto: coi diritti acquisiti non si scherza mai.
E ci fu tutto un pippone di settimane di quegli stessi accanitissimi editorialisti liberali a difendere la cosa: se io ho lavorato nella vita per avere maturato quel denaro e ho lavorato anche per maturarlo perchè togliermelo o diminuirmelo?

E allora io ho detto, da due anni a questa parte, a ciascuno di quei docenti in trappola, forte di quella risoluzione del Tar e forte dell'importanza sociale e vitale dell'interesse acquisito: "se voi avete lavorato nella vita per avere maturato quel denaro e avete lavorato anche per maturarlo, perchè togliervelo o togliervi il diritto maturato anche quello per legge di andarci in quel giorno e non negli anni a venire? e intanto che se ne discute gli anni passano e il vostro diritto acquisito viene calpestato?

La stessa domanda la ripeto anche a te che leggi, e puoi chiamarti Cottarelli, puoi chiamarti Mario Rossi, puoi chiamarti Mila Spicola.
E trovo che non ci sia nulla di più illiberale, caro Cottarelli, o caro editorialista liberale, dell'aver contrastato con becere giustificazioni da ragioniere tale diritto. Il diritto acquisito non è alla base di ogni pensiero moderno, compreso, e anzi soprattutto, di quello liberale?

Il punto è che la contraddizione è tutta evidente ed è chiara e non è affatto liberale la vostra posizione a favore del diritto acquisito di quelle superpensioni in quel caso e della vostra posizione assolutamente contro il diritto acquisito di quei 3.976.
La storia di #quota96 apre a qualunque tipo di arbitrarietà e discrezionalità. Perchè se il mancato pensionamento dei #quota96 deriva dalle maggiori necessità connesse al periodo in crisi, necessità tali da annullare il loro diritto acquisito (e potrebbe forse, ma solo forse comprendersi in linea di principio), le stesse identiche necessità dovrebbero applicarsi, pari e patta, al caso delle superprensioni conservate e riaffermate per diritto acquisito.
Dunque io non entro nel merito del ragionamento "di fronte a necessità maggiori una famiglia stringe i denti e dunque si sacrifica", per carità, è una vita che il ceto medio italiano si sacrifica. Quel che non fila e non regge è la disparità. Perchè allo stesso modo dovrebbe "sacrificarsi di fronte a necessità maggiori" il diritto acquisito di poter usufruire di una pensione di meno di 240 mila euro. Chè, appare chiaro a tutti, non è questione di vita o di morte. Persino Cottarelli mi pare che percepisca una cospicua pensione che potrebbe lui per primo ridurre in coerenza col principio sacrosanto delle necessità maggiori.
Ma che principio sacrosanto è quello che va bene per alcuni e per altri no? Mi sembra tutto fuorchè l'affermazione dello Stato di diritto.
Il che dovrebbe togliere il sonno a qualunque italiano, perchè non è uno stato sociale, ma nemmeno liberale questo, è uno stato feudale, o, a voler essere buoni, borbonico. L'ho detta in modo eufemistico e nobile in realtà manco Trilussa troverebbe le parole.
Non vorrei che il mio Paese fosse quello in cui, - a voler usare quasi una frase banale che potrebbe sembrare qualunquistica e demagogica ma non lo è, perchè accade -  i signori (non voglio usar il termine stra abusato di casta) si difendono da soli, perchè tanto comandano, e i servi della gleba non han difesa perchè non han forza, se non i loro diritti: e i diritti acquisiti per altri bastano per loro no. Quando in realtà si evince che oggi i diritti non bastano a difendere i diritti stessi. Eppure ci sembrava anche questo un diritto acquistito nel difficilissimo cammino della storia moderna. Questo è esattamente un cambio verso all'indietro. Non un progresso.

Non vorrei svegliarmi e vivere con don Rodrigo, don Abbondio e fra Cristoforo, e non vorrei che qualcuno me lo spacciasse per "liberalismo moderno" quando riguarda talune categorie e per diritto da difendere quando riguarda lobby di potere; questa discrezionalità palese dei diritti che oggi va tanto di moda abbelirla e spacciarla per modernità ha tutto fuorchè di moderno, quando tra me e loro, i bravi di don Rodrigo, ci sono stati Mazzini, Gramsci, De Gasperi, Moro e tutto il resto che abbiam lasciato sui banchi di scuola.

Mica siam scemi, siamo insegnanti e su quei banchi noi ci stiamo ancora, più dalla parte di Mazzini, De Gasperi e Rousseau che dalla parte di don Rodrigo.
Anche perchè non è ignoranza quella mostrata da certi liberali del "lo Stato non può reggere la spesa", è palesemente difesa di interessi di parte.
E se posso essere d'accordo con loro in linea di principio, se principio deve difendersi, la conseguenza diretta è che il diritto acquisito di quei 3.976 vale esattamente quanto il diritto acquisito difeso sanato della congrega dei "più di 240 mila euro l'anno in più".
Non dico in euro, ma in principio.
Ma che valore hanno i principi e i diritti oggi non è domanda da risolvere in un talk show.

A volerla dire ancora di più: non arrischiamoci a pesare il valore di un insegnante con quello di un giornalista da 240 mila euro e più di pensione l'anno. Noi non l'abbiam fatto, ma scemi no. Siamo insegnanti.
Devi tenerti i tuoi 240 mila euro come diritto acquisito? Giornalista, manager, burocrate, superprimario e via dicendo...Vedi di metterti sottosopra a difendere con me lo stesso identico diritto acquisito di quei 3.976 piuttosto. Perchè se traballa il mio, il loro,  il tuo vien spazzato automaticamente da una stessa logica, dall'opportunità e dal buon senso.

Se non ci son le risorse per loro non ci son per te. E se ci son per te e non per loro scricchiola sul serio questo Paese e ciò che è stato ed è. Sia che la osservi da liberale, da socialista, da democratico, da tutto quel che vuoi: scricchiola a un 'era più vicina da Hammurabi che a Montesquieu.

Ora non voglio entrare nel palleggio delle colpe, se politiche o burocratiche, è uno sport che stan praticando in tanti e molto meglio di me, anche se credo che siano più banalmente e mediocremente interessi di parte diversamente difesi.
Volevo solo aggiungere un tassellino di ragionamento ai Cottarelli di turno. Di stare sereni, cioè di inziare a perdere il sonno, perchè potrebbe capitare anche a loro. Di vedersi stracciati a un palmo dal naso i propri diritti, e non ne godrei, sia chiaro, perchè la sconfitta sui diritti acquisiti è una sconfitta del Paese, non di parti del Paese.
Non chiamatemi ostinata o noiosa se continuo a battermi per i quota96, dentro il PD, in modo aperto, chiaro, determinato e col viso e il nome ben in vista. E' per ogni diritto che mi batto. Perchè i diritti riguardano tutti. In questa difesa non difendo parti, interessi di parte o di partito, e nemmeno consensi, di casta o di classe. Difendo un diritto, per il Diritto.

Poi van da sè quelle persone, i pensionandi e gli assumendi, i loro allievi e la scuola e tutto il resto. Ma il ponto era, è e rimane una questione di diritto. Acquisito e perso.

Sono profondamente seria: non è un bel crinale. Crinale ha la stessa radice greca di crisi. Di cosa? Lascio l'interrogativo a voi. Tutti.