venerdì 18 settembre 2015

La guerra dei Gender.



"I bambini non si comprano". Le favole metropolitane contro la teoria gender. La ministra Giannini che minaccia querele. I genitori che diffidano. L'Unar che se la prende col Miur. Le parrocchie che tuonano e gli arcobaleni che brillano. Non ne sentivamo il bisogno di un'altra guerra, eppure io vi dico che questa è la vera guerra del 21 secolo, quella sulle questioni di genere.
Sul comma 16 l'Italia si spacca. Vi avviso, non è solo l'Italia, dunque grande cautela e bando alle banalità.
Il comma 16 della riforma sulla scuola, su cui tutti si stanno armando, recita: 

Il piano triennale dell'offerta formativa assicura l'attuazione
dei principi di pari opportunita' promuovendo nelle  scuole  di  ogni ordine e grado l'educazione alla parita' tra i sessi, la  prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni,  al  fine  di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti  e  i  genitori sulle tematiche indicate dall'articolo 5, comma 2, del  decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge  15 ottobre 2013, n. 119,  nel  rispetto  dei  limiti  di  spesa  di  cui all'articolo  5-bis,   comma   1,   primo   periodo,   del   predetto decreto-legge n. 93 del 2013. 
Attaccato da destra perchè si affronta il tema, da sinistra perchè non lo si affronta abbastanza. In mezzo ci sta la scuola.
E' un tema epocale questo e non si è capito. Ha a che fare con i grandi mutamenti che stanno attraversando il mondo: quello che spinge ad accettare senza infingimenti altri modi di essere. Guardate che il 90% dell'ideologia dell'Isis gioca anche su questo. Roba che si stanno spostando meridiani e paralleli. Dunque non stupiamoci delle polemiche, certo molto ma molto più limitate, che stanno attraversando le nostre case e le nostre strade.
Basta dire che un'agenzia ben più potente di tutte le altre messe insieme, Facebook, ha inserito la terza via come possibilità di scelta del proprio genere, il campo neutro dove inserire ciò che più aggrada. Cosa sei? Uomo? Donna? O cosa?
Come ti definisci? Per alcuni: osi definirti in altro modo?

Su questo tema pochi di noi hanno risposte certe, checchè ne dicano le femme fatale e i machi in circolazione e bisogna avere l'umiltà di conservare e coltivare il dubbio, non false certezze.
Una cosa è difficilmente smentibile, nell'incredibile disinteresse sul tema dell'affrontare l'argomento dal punto di vista educativo o nel non prendere il coro per le corna, le nostre giovani generazioni stavano rischiando di crescere da sole con i grandi dubbi, in assenza degli adulti, con scarsissima conoscenza e con grandi grandi problemi. Perchè, al netto della crociata che sta portando avanti la famiglia tradizionale, la stessa famiglia tradizionale da decenni che si rifiuta di affrontare o rispondere alla benchè minima domanda sul tema da parte del figlio o della figlia.
Nè questi ultimi si arrischiano a farne. 
In balìa di youporn, quando va bene, o preda di bullismo, che cresce, cresce, cresce, o di equivoci quando va male, senza nessuna conoscenza di sè e del proprio corpo. E nemmeno delle azioni di ritegno o senza contegno. E dunque di malattie, fisiche o psicologiche.
E' la conoscenza che crea gli uomini e le donne liberi e consapevoli.
E' la consapevolezza che li salvaguarda dalle malattie, dalle violenze, dalle discriminazioni.
Sul tema dell'identità di genere, che non coincide con quello della conoscenza dei comportamenti sessuali, ma riguarda ben altre complessità, umilmente ammetto di avere grandi grandi dubbi, da sempre. Io so che sono donna, ma sul come essere donna non ho mai trovato nessuna risposta certa in me, nè in mia madre, nè nei libri, nè nella grandezza o debolezza delle altre donne. 
Ho solo la convinzione che i miei dubbi possano essere governati e sedati in qualche modo dalla conoscenza.
Quella dobbiamo trasferire, non l'ansia dei sentimenti giusti o sbagliati, delle cose giuste o sbagliate, delle famiglie tradizionali o meno, delle paure nostre, ognuno ha le sue, ma l'ansia della conoscenza, l'unica base per il progresso e per il rispetto; abbiamo il dovere di trasmetterla. E questo faremo, a scuola. Con serena determinazione. Poi, ciascuno, in cuor suo, sceglierà per sé.


Aggiungo delle considerazioni personali. Senza nemmeno nasconderci tanto, dobbiamo riconoscere che le ragioni dei no sono le ragioni di chi è contrario all'omosessualità. Cioè, è omofobia mascherata quella che stiamo osservando in questi giorni.
Ci sono solo due sessi, e devono assortirsi in un solo modo, affermano a destra. Guai a proporre la "neutralità di genere" o la "pluralità di genere"(cioè le teorie gender che qualcuno dice non esistono e altri dicono che esistono; credetemi, io la neutralità non riesco nemmeno a concepirla in altre cose, figuriamoci in questa). Però se sta sullo stato di facebook, ragazzi, a voglia far crociate. C'è. I crociati dei due sessi e basta, dovrebbero spiegarmi meglio la questione del sesso degli angeli. E farmela digerire. Chè da piccola mi spiegarono essere neutro. Il sesso degli angeli. Appunto. E che vuol dire? Non lo compresi allora e non lo comprendo adesso. Gli angeli non hanno sesso e dunque sono neutri. Boh. Non condivido ma rispetto. Però ci ho speso del tempo e delle paturnie da ragazzina, insieme alla mia educazione fortemente cattolica in famiglia non cattolica. Dubbi. 

Ci sono mille modi di esprimere la propria identità sessuale dicono all'estremo opposto, non so se a sinistra o dove; questi mille modi non dipendono addirittura dal sesso biologico ma dalle costruzioni culturali. E qua la cosa si complica in tutto un dissertare di bambole rosa e trenini celesti. Anche questo, vi giuro non lo comprendo. L'aver letto Orlando di Virginia Woolf a tempo debito mi aprì la mente verso voragini di dubbi ulteriori. Non condivido ma rispetto.

Questo cosa vuol dire? Che sotto il cielo, mentre ci arrovelliamo in domande come queste, legittime per carità, i fatti accadono e non son sempre cose buone.
Donne violentate, brutalizzate e uccise, e il sesso ne è arma e motivo.
Omosessuali o lesbiche discriminati e ai quali non si rilascia la patente di guida. Accade in Russia. Boh. La patente di guida. Nemmeno alle donne, in certe altre parti del mondo. E guai a esporre i capelli. Cavolo, i capelli. In nome di Dio. Ne vogliamo parlare? Ci rendiamo conto? Dovrei dire anche in questo caso: non condivido ma rispetto?
Questo che vuol dire? Che potremmo continuare a parlare per ore ore ore ore e non venirne a capo.
Ma un capo c'è, ed è adesso, ed è il terreno comune intorno a cui incontrarsi tutti. Perchè i nostri figli stan crescendo adesso in un mondo in pieno smottamento. Non condivido ma rispetto. 
Il rispetto. Consapevole però, non il liberi tutti. Ma il rispetto consapevole di comportamenti che vanno conosciuti, spiegati, raccontati. Non per condividerli o imitarli, ma per rispettarli.

Perchè siam tutti diversi, con le piume e i vestiti varipinti, o la divisa d'ordinanza, con il tacco 12 o le converse, con il trucco o senza trucchi, ma siamo uguali nei diritti. E abbiamo il diritto di declinare le nostre vite con le stesse identiche opportunità. E questo sì, di grazia, possiamo insegnarlo?

giovedì 3 settembre 2015

L'aborto e il perdono.


Che questione complessa, irrisolvibile e contraddittoria.
Almeno nella mia testa.
Sono atea e sono contro l'aborto.
Sono per la vita sempre ma sono contro i pro life, vedo in loro la negazione del libero pensiero, che per me coincide con la natura stessa dell'essere umano.
La mia impalcatura coriacemente illuminista mi fa dire che anche quando non condivido nulla è mio obbligo rispettare. Sempre. Senza giudizi.

Che cosa vuole dire sul piano pratico?
Che ho sempre sostenuto la necessità e l'applicazione della legge 194, in tutti i suoi aspetti, prevenzione, sicurezza, legittimità della scelta femminile e illegittimità di non poter assicurare sempre nelle strutture pubbliche tali scelte, come segno di libertà e di autodeterminazione,
pur essendo profondamente e nettamente contraria all'aborto.
E profondamente e nettamente contraria all'aborto rimango.
Non so, per me è sempre complesso trattare l'argomento, non trovo risposta unica e pacificante alle mie contraddizioni. Rimango non lineare, nel dubbio.
Se in me debba vincere il tema del concetto della libertà o il tema della dignità della vita.

Cattolici o non cattolici, mai mi son permessa di urtare la sensibilità in tal senso.
E quando mi sono impelagata in discussioni con teocratici fondamentalisti contro la 194 per me è stata dura mantenere la calma. Non solo nei loro riguardi, ma nei riguardi del mio libero pensiero, così libero dal volermi sempre permettere il lusso della contraddizione libera dai lacci e lacciuli del voler prendere parte o essere di parte. Cioè del pensarla come loro pur essendo completamente diversa da loro nella premessa, nell'argomentazione e nell'esito.

Immagino per un pro life, come anche un cattolico o una cattolica, cosa possa significare ascoltare in questi giorni le dichiarazioni di Bergoglio sul perdono alle donne che hanno abortito;

Questo per dire che risposte non ne ho.
Aborto e perdono. Che immagine potente.
Un'atea come me ha trovato sempre inquietante e assolutorio il concetto di perdono divino, ma, ripeto, non condivido nel rispetto.
Questo per dire che papa Francesco, comunque la mettiamo, dice cose incredibili davvero.
Cose profondamente rivoluzionarie nel senso cristiano del termine.
Fosse anche solo per la considerazione diversa e inedita della libertà della donna.
Non approva, certo, non condivide, certo, ma comprende.
Cosa che io invece ancora non riesco a fare.

martedì 1 settembre 2015

Facoltà di Medicina rumena ad Enna?


C'è in giro una fiaba nuova. Nella repubblica autonoma di Enna stanno aprendo una nuova facoltà di medicina? Addirittura i corsi saranno in lingua rumena, previo corso accelerato in lingua rumena, non per chiedere come ti chiami e quanti anni hai, ma per studiare materie complesse e delicate come quelle mediche, se non fosse vero ne riderei, e invece..altro che ironia tocca indignarsi. Mi dissocio e condanno.
Al Miur non se ne sa nulla e si procederà con diffida. So che era già stato dato dall'Anvur, unico organo designato all'accreditamento di nuovi corsi di laurea in Italia, parere negativo a una richiesta presentata mesi fa dall'Università Kore.
Leggo, ma ripeto, direttamente e ufficialmente il Miur ne sa nulla, di un' intesa tra la Repubblica autonoma di Enna, attraverso una Fondazione, e l'Assessorato Siciliano alla Sanità, per una succursale in quel territorio di una università rumena. Surreale.
Per fortuna questa cosa verrà stoppata prontamente ma alcune riflessioni vanno fatte.
A prescindere dall'ironia, che vale poco quando ci sono di mezzo studenti e formazione, e dai permessi possibili, l'apertura di corsi di laurea in professioni sanitarie è una questione delicatissima che non può essere condotta con queste modalità.
Ci sono delle regole nazionali in tal senso e come facente parte di una comunità chiunque deve, per opportunità e buon senso, oltre che per legge, osservarle. A maggior ragione se quel qualcuno deriva da una tradizione di sinistra in cui bene comune e questione morale erano tratti distintivi.
C'è un fabbisogno nazionale di medici e operatori sanitari, definito nazionalmente di concerto con il ministero della sanità, in base al quale si assegnano agli atenei i posti utili alle iscrizioni a ciascun corso; i corsi sono accreditati, e dunque per accedervi, visto il numero contingentato e definito nazionalmente, si supera un concorso a mezzo test. Migliaia di studenti si preparano e vengono selezionati ad accedervi per merito. In professioni decisive per la comunità e nelle quali non si può agire con superficialità. Le tasse sono commisurate al reddito.
È un insulto a loro, agli studenti, prima che alla legge, pensare di beffarli in questo modo. Non solo: chiedere una marea di soldi di iscrizione e fare profitto su questo. Un’ingiustizia procedurale e sociale indigeribile in una regione come la nostra. Altre università lo fanno, lo so, far pagare rette, anche salate, non lo condivido ma hanno permessi e rientrano nelle regole. Le regole sono: autorizzazioni, accreditamenti e attenersi al piano di contingentamento nazionale. Attenersi alle regole. Vale per ogni cittadino, vale ancor di più per un iscritto al mio Partito. Nessuna ironia, io ci credo.
Fosse anche regolare, e non lo è, è una vergogna non tenere conto di tutto ciò. E’ un imbroglio. Ai danni di studenti, di famiglie e della collettività. Ripeto, a prescindere dai permessi, dalle autorizzazioni o dalle intese. Che comunque sono tutte da verificare.
Il Miur diffiderà ufficialmente la Fondazione e l’Università Kore ad essa collegata dall’andare avanti in questa vicenda.
Ma, ripeto, la mia è una valutazione politica e personale, da dirigente del PD a un altro dirigente dello stesso Partito. E per motivi valoriali, non tecnici. In qualità di dirigente nazionale del PD mi stupisco che sia potuto accadere e che altri dirigenti del mio partito abbiano con leggerezza addirittura accolto con gioia la cosa; mi dissocio e condanno completamente e totalmente l’agire di un esponente del PD che avrebbe una sua storia rispondente ad altri principi e di quanti, come rappresentanti del governo regionale, si sono resi complici di quest’imbroglio.
Mila Spicola, Direzione Nazionale del Partito Democratico