domenica 26 giugno 2016

Cosa ci dice il voto inglese? 13 riflessioni su brexit



Cosa ci sta rivelando il voto inglese? Qualora non lo sapessimo già. metto insieme pensieri, dati, riflessioni e cose lette qua e là e faccio un elenco, giusto per fare ordine ad uso personale più che ad uso altrui, qualora qualcuno volesse contribuire con altri pensieri, dati, riflessioni e cose lette qua e là, sarebbe cosa gradita.

  1. Inizio ricordando a me stessa che la funzione "percezione uguale a realtà" è variabile dipendente dalla distanza tra le due elevata a enne. Non è nè un'equivalenza, nè un'equazione, è una funzione di secondo grado, o più gradi, e non produce una retta, bensì una iperbole o una parabola, a volte un frattale. Variabili della distanza tra realtà e percezione, e cioè i valori di enne, sono l'età, l'estrazione sociale, il livello di studi. Tutti e tre i valori di enne hanno un rapporto inversamente proporzionale con i fattori nazionalismo, xenofobia, conoscenza dei fatti, determinato anch'esso con formula matematica attraverso funzione di primo grado. Le opinioni che ciascuno di noi ha si formano dunque sulla percezione della realtà o sulla realtà? Verificare la distanza, sempre. Come: risalendo, riconoscendo e valutando le fonti.
  2. In democrazia i punti di espressione media  collettiva ( elezioni, referendum, indagini, sondaggi ) sono variabile dipendente delle funzioni descritte nel punto uno. Agendo su uno qualunque dei fattori delle funzioni di cui sopra otteniamo punti di espressione precisi. Ci sono paesi che lo fanno, per migliorare la qualità e la consapevolezza delle scelte democratiche, e paesi che non lo fanno. Lasciando immutato il valore immenso e universale dell'espressione democratica, se nei fattori che la determinano, troviamo ingiustizie, vizi, ineguaglianze, è un dovere per una democrazia agirvi per migliorarli e un diritto per i cittadini pretendere tale miglioramento. Perchè il voto di ciascuno reca con sé il fatto che è responsabile di decisioni collettive.
  3. I punti uno e due non sono giudizi, opinioni ( e dunque opinabili ) ma dati di fatto, "sterili formule matematiche", direbbe qualcuno a digiuno di matematica. In realtà la matematica ha poco di sterile e molto di pronto soccorso e sarebbe bene  sostituire l'aggettivo "sterile" con "fertile", perché seminando raccogli.
  4. Dati i punti uno, due e tre l'alunno, con il semplice ausilio del suo cervello e con qualche lettura nemmeno tanto approfondita, potrebbe già accingersi a svolgere il tema del rapporto tra voto, percezione della realtà, realtà e distanza e/o interdipendenza tra le tre cose, cioè il tema brexit. 
  5. In realtà manca un fattore, il diavoletto di Maxwell della termodinamica, il fattore entropia. L'agente esterno in grado di aumentare o diminuire in modo tossico la distanza di cui al punto uno. Esso è dato da stampa e TV, aggiungiamoci anche la rete, ma ha valore diverso. Stampa e tv, non a caso definiti quarto e quinto potere.
  6. L'agente esterno agisce in forme imperscrutabili ma fino a un certo punto perché può essere neutralizzato solo in un modo: con la capacità personale di cercare, accedere, distinguere, maneggiare, valutare le fonti. Qualcuno lo chiama livello culturale, no, il bagaglio culturale è la conoscenza, l'azione di cui sopra è di più, è la competenza, è la capacità di mettere a frutto, di utilizzare la conoscenza, o di cercare la conoscenza, riconoscerla e valutarla. E determina la consapevolezza della scelta, cioè il grado più alto di libertà. Più si conosce, più si ha capacità di discernere diverse fonti di conoscenza e di valutarne il senso e di collocarle in un sistema epistemologico, sociologico, economico, politico, più si è capaci di effettuare scelte "ponderate" si usa dire. Cioè meno sbilanciate, approssimate e maggiormente libere, funzioni di se stesse nel significato più alto; dipendenti dunque e dal filtro dell'elaborazione del proprio ragionamento, arricchito e perfettibile dai dati e dalla conoscenza dei fatti e non solo da tutti i fattori dei punti 1, 2, 3 e, soprattutto, 5. Governare le proprie scelte. Dove proprie ha un valore specifico. Anche la scelta inconsapevole è propria, ma, proprio perchè inconsapevole, può rivelarsi fallace, non rispondente ai nostri propositi e/o interessi, qualora le opinioni che ci han condotta a prenderla sono infondate, o false, o generiche, o incomplete, o parziali, etc..etc...
  7. Nel caso di cui stiamo ragionando: è un dato che riguarda il punto cinque il fatto che la stampa, o parte della stampa, o non sia stata in grado, o non abbia voluto dare informazioni complete e veritiere sul voto brexit e sulle conseguenze del voto brexit. Gli inglesi avrebbero comunque scelto per un sì o per un no, ma con minore distanza tra percezione e realtà. La percezione è stata falsata, la realtà è stata distorta. E' un dato di fatto che parimenti abbiano agito le forze politiche sia del no che del sì, e ci può stare. Ma compito della stampa è informare nel modo più ampio e possibile la società. Non lo fa? Allora una democrazia sana deve supplire questo vulnus, fornendo a tutti i cittadini, non uno di meno, strumenti culturali e competenze, da rinnovare progressivamente lungo tutto l'arco della vita, non solo nel ciclo dell'istruzione formale,  in modo da districarsi nella selva e annullare da solo le distanze tra percezione e realtà.
  8. Più si approfondisce e più viene fuori il peso del fattore xenofobia. Non è stato tanto il fastidio per l'ingerenza, buona o cattiva che sia, dell'Europa, ma il fastidio per lo straniero mostrato da un preciso segmento di popolazione: oltre i 60 anni ( ricordiamoci sempre che è la percentuale maggiore di votanti nelle democrazie occidentali a bassissima demografia), il fastidio per "colui che toglie il lavoro ai nostri figli" è stato rilevato in tutti i sondaggi, interviste, e abilmente maneggiato dal remain, completamente ignorato dal leave. L'altra variabile del remain negli ultra cinquntenni: basso livello di studi. In realtà i due fattori rivelano anche altro: paternalismo, prima che nazionalismo. "l'ho fatto per i miei nipoti", ovvero, ho deciso io per i miei nipoti, non per me, che tanto tra dieci anni non ci sarò. Non credevo che anche gli anglosassoni potessero esserne affetti.
  9. I giovani hanno votato remain. No. Quella parte molto limitata dei giovani coincidenti coi millennials, il 25/30 % hanno votato remain, tutti gli altri non hanno votato. Chiedersi chi sono e perché non hanno votato. Per trovare ausili alla risposta analizzare: a. Il sistema d'istruzione inglese: al di là delle buone intenzioni di Blair, e delle precedenti infauste scelte della thatcher, il sistema d'istruzione inglese, fortemente centrato sulla valutazione ( hanno i migliori sistemi e istituti di valutazione del mondo), si è rivelato, alla lunga, un sistema profondamente diseguale. La fascia d'età di cui stiamo parlando è esattamente figlia di quelle riforme sotto Blair. Aggiungo un piccolo dato: Scozia e Irlanda si sono tirate fuori da quel modello di valutazione circa sei anni fa. Perché, nonostante le ottime intenzioni, i sistemi fortemente centrati sulla valutazione ( hard accountability ) , alla lunga generano diseguaglianze ( di sistema e dunque di rendimenti)? Su questo quesito la ricerca educativa internazionale si interroga e accapiglia da anni, c'è da dire che la Finlandia non ha un sistema di valutazione ed è prima al mondo nei rendimenti. Possono essere coincidenze, possono non esserlo, ma è bene ragionarci su. Anche perchè il quesito collegato è: qual è il rapporto tra diseguaglianze di esiti scolastici e scelte democratiche considerando la fascia di età 20/25? 
  10. Un altro tema è la conoscenza e consapevolezza della politica e del funzionamento democratico dello Stato nella fascia 20/25 (anche nella altre fasce certo, ma concentriamoci su questa fascia intanto). Anche nel sistema inglese le cosiddette conoscenze e competenze di cittadinanza,  come insegnamento sia disciplinare che trasversale, , sono fornite a tutti gli studenti nella fascia media dell'età scolare. In realtà è bene distinguere le conoscenze in cittadinanza dalle competenze di cittadinanza, le prime sono gli insegnamenti specifici, la nostra vecchia educazione civica, le seconde sono le azioni trasversali guidate dalla scuola, che un ragazzo può fare, in senso ampio, ad esempio ripitturare la sua scuola, fare volontariato, capaci di sviluppare il suo vivere con gli altri e per la società in modo attivo. Le conoscenze sono banalmente le informazioni ( chi scrive le ritiene vitali) che riguardano lo stato, le leggi, la democrazia, la politica. Dicevamo: tali conoscenze, sia in UK che in Italia, vengono impartite nella fascia scolare media, da noi in una sola ora, ma non ha valutazione, e nemmeno una specificità di cattedra. Nelle scuole superiori tale insegnamento scompare (il diritto/economia rimane solo i alcuni percorsi specifici, tipo la ragioneria, non esiste nel liceo classico o scientifico, non esiste in molti altri, se non per scelta della singola scuola e come insegnamento extracurricolare, se volete che sia presente come materia curriculare almeno negli ultimi due o tre anni delle superiori firmate questa: https://www.change.org/p/inseriamo-le-conoscenze-e-le-competenze-civiche-e-di-cittadinanza-a-scuola ), come scompare nella memoria; rimangono le esperienze utili a implementare le competenze di cittadinanza (il volontariato, l'attivismo, il fare progetti vari..), rimane lo studio di tutte le altre discioline, che se fatto bene contribuisce alla formazione dei valori, ma le competenze specifiche di cittadinanza su quali conoscenze giuridico/economiche/finanziarie si fondano? Nelle scuole superiori, e anche in UK è così, coltiviamo e bene generiche competenze di cittadinanza, ma non conoscenze di cittadinanza, se non nei tipi di scuola che prevedono specificatamente insegnamenti di diritto. Chi ha detto e dice agli adolescenti cosa sono i partiti, chi è e cosa fa il capo dello stato, a che servono la regina o il presidente della repubblica, come funziona la gerarchia delle leggi nel passaggio tra il livello europeo e quello nazionale, cosa è una crisi di governo? che cos'è la dialettica politica e l'alternanza dei governi? Nessuno, no, scusate, glielo dice il punto 7, cioè stampa e TV, no, scusate, i social. Ma sui social nessun adolescente scrive di politica. O forse lo fa il 5 % del 30 % che ha votato. Un ragazzo di 18 anni sa recitare a memoria un passaggio dell'Amleto, o, nel nostro caso, sa chi sono Renzo e Lucia, ma se gli chiediamo in cosa consiste nel concreto il lavoro di Cameron, o cosa fa Piero Grasso, non sa rispondere. E nemmeno se gli chiedi per chi voti e perchè nel 70% dei casi sa rispondere. 
Se io chiedo a un 18 enne italiano cosa fanno Emergency, o la Caritas, lo sa, generalmente lo sa, ma cosa vuole dire l'articolo della Costituzione laddove recita che la responsabilità penale è personale, non lo sa.E sa perfettamente che la politica è tutta sporca ed è meglio non avvicinarsi. Non conosce le regole elementari dell'organizzazione di uno Stato non perché quel giorno era assente, ma perché non esiste un insegnamento specifico per tutti di diritto alle scuole superiori. Se qualcuno glielo ha spiegato alle elementari o alle medie...non so, ditemi voi quali probabilità ci sono a. Che se lo ricordi, b. Che fosse insegnamento da impartire a sette anni senza riprenderlo a 18. Tali lacune riguardano anche l'economia e la finanza. Visti gli eventi recenti, dalla crisi sui subprimes negli States, alle nostre crisi sui derivati, ditemi se non siano insegnamenti fondamentali e non da affidare a discrezionalità o progetti o a "competenze trasversali" che la scuola può progettare e implementare, ma anche no.
  1. 11. Le conoscenze di cittadinanza della popolazione adulta. Svolgimento. E qua sfido la distanza tra la vostra percezione e la realtà. Non voglio spaventarvi. Però, se un 18 enne almeno ha delle competenze di cittadinanza, gli adulti nemmeno quelle. I dati sulle competenze di cittadinanza della popolazione adulta sono devastanti. Li collego ai dati sulla lettura: il mercato editoriale è trainato dalla fascia dei lettori accaniti, che, udite udite, ha un'età compresa tra i 9 e i 15 anni, poi crescendo, non si legge più. Vale in Inghilterra, che comunque è un popolo di lettori, ma di giornali. Ma vale soprattutto in Italia. Come se la parola libro e la parola istruzione fossero collegati al periodo adolescenziale e giovanile e non alla vita stessa. Cosa significa? Cosa vuol dire mettere in rapporto lettura e competenze di cittadinanza? Che la popolazione adulta è abbandonata al punto uno, alle sue percezioni, o alle deformazioni dell'informazione. Anche quando è in buona fede, l'informazione non è mai completa, esempio: noi italiani a sappiamo tutti che sono arrivati ieri 5.000 migranti. Quanti di noi sanno che di questi 4.000 se ne vanno poi in altri paesi e che per i 5.000 l'UE ci dà fior di soldini per gestirne l'accoglienza? La percezione degli italiani è che la presenza di islamici nel nostro paese è del 20%, quando sono poco meno del 4%. Farage continuava a tuonare contro lo straniero, e questo messaggio arrivava all'elettore, senza filtri, senza contraddittorio, ma, nello stesso articolo o servizio, qualcuno diceva all'elettore, al pensionato del Galles,  che uscendo dall'UE, non chiudeva soltanto le frontiere, ma si chiudeva in una stanza col gas dentro, la sterlina crollava e la bolletta della luce come di altro si impennava? Qualcuno riflette sul fatto che i punti uno, due e tre, se nessuno li governa, con istruzione e formazione completa, a scuola e in tutto l'arco della vita del cittadino, sono in mano al diavoletto entropico del quarto e del quinto potere? o, peggio, sono in mano alle opinioni sui social, aiuto aiuto, cioè della percezione, non mia ma di altri, non della conoscenza della realtà, quella che si acquista leggendo, approfondendo le fonti, di prima mano, ma di opinioni frutto di percezioni di altri a cui aggiungiamo le nostre opinioni frutto di nostre percezioni. Se si va di percezione in percezione il gioco è facile da prevedere e non è un bel gioco. 
  2. 12. Tutti devono votare, e scegliere da se se votare o meno e cosa votare o meno, anche un condannato all'ergastolo ha questo diritto, è un diritto, è dovere la scelta. Ma tutti devono studiare e bene. Giusto, mi dite voi, è un diritto per ciascun ragazzo e ragazza, e per questo ci battiamo. È o no un diritto e un dovere  impartire loro anche conoscenze approfondite di diritto e finanza? e tra i 15 e i 18 anni, non solo nel ciclo primario degli studi. Mi permetto di aggiungere un elemento: è un dovere sociale, non solo un diritto individuale. Ma vale solo per l'età scolare? Studiare è un dovere che si esercita da zero anni alla tomba, coincide non solo con la scuola, ma con la vita stessa. Dovremmo comprenderlo. E dovrebbero comprenderlo i governi. Perché è etico. E a me, dire che è etico, basterebbe. A voi non basta. E allora aggiungo: perché l'ignoranza, a qualunque età sia collocata, costa. E lo sapevamo in astratto. Oggi lo sappiamo in concreto: gli effetti del voto assolutamente superficiale, approssimato e inconsapevole sul brexit, legittimo in quanto voto, pericolosissimo in quanto spesso inconsapevole, ebbene, tali effetti noi li abbiamo pagati con 41 miliardi bruciati solo sulla borsa di Milano. 41 miliardi che si sommano a quelli bruciati a Londra e in altre capitali europee; ci pagheremmo la formazione e l'istruzione in cittadinanza di tutta la popolazione europea. La finanza, la politica, dovrebbero riflettere bene quando storcono il naso di fronte alla richiesta morale di una istruzione di qualità per tutti. Beh, i tutti si vendicano. E quando si vendicano sono cazzi seri, perché i tutti sono di più. Nell'attesa, avviso ai naviganti, potete studiare. Si fa gratis e rende tantissimo. Un pdf di qualunque libro lo si può scaricare e dedicarci quella mezzoretta accanto alla mezzoretta di cazzeggio sui social è cosa buona e giusta.
  3. 13. Tredicesimo, nei fattori dei punti 1,2,3 aggiungere dunque le quantità. I tutti son di più. Nelle democrazie contano le maggioranze, decidono le maggioranze, ci si regola con le maggioranze. Le minoranze ci pensino prima delle decisioni prese delle maggioranze a incidere sui fattori dei punti 1, 2, 3 e 7. Prendersela con le maggioranze dopo ha poco senso, nessuna efficacia e nessun valore democratico.

Ovviamente i 13 punti di sopra possono divenire cento o duecento, ad essi possono aggiungersi tutte le altre vostre, o altrui o mie, valutazioni possibili e immaginabili sui motivi di un voto, motivi nazionali, locali, individuali, collettivi, sovranazionali, geopolitici, e chi più ne ha più ne metta. Tutti legittimi. Ricordatevi però del punto uno e due di cui sopra...valgono per qualunque valutazione. 



Inviato da iPad

martedì 7 giugno 2016

La vita è troppo breve.



«Vorrei dire qualcosa di importante, qualcosa che vi farà riflettere. La vita è troppo breve, e quando mettiamo insieme tutti i viaggi, le ore di sonno, gli anni di scuola, gli svaghi, ecc. ecco che abbiamo passato metà della nostra vita a non fare niente. Adesso ho 35 anni, fra 30 anni ne avrò 65... Potrei prepararmi a incontrare il Creatore. Dedicarmi all’immobiliare, fondare un’azienda, fare l’allenatore di boxe, tutto questo non mi porterà alla vita eterna...Lasciate che sia io a porre una domanda al pubblico. Quanti di voi credono nell’esistenza di un essere supremo? Quanti di voi credono nell’esistenza di Dio? Quanti di voi credono che esiste una potenza che ha creato il sole, la luna e le stelle? Quanti di voi credono che tutte queste cose non sono nate per caso? Qualcuno di molto più potente e saggio di noi le ha create... »«Di conseguenza sono convinto che tutti noi saremo giudicati. Potrebbe un uomo come Hitler sterminare gli ebrei e farla franca? Qualcuno dovrà punirlo. Forse non adesso, ma certamente dopo la morte. All’inferno per l’eternità. Perciò dal giorno in cui lascerò la boxe ho intenzione di prepararmi a incontrare Dio perché… ho paura di bruciare all’inferno per l’eternità. E allora che cosa farò?... Quando lascerò la boxe, o quando avrò finito la mia carriera di atleta, farò tutto quello che sarà in mio potere per aiutare il prossimo. Ecco un poveraccio appena sbarcato in America. Ecco un gruppetto di ragazzi che ha bisogno di sostegno e qualcuno mi chiede di aiutarli. Dio mi guarda. Dio non mi ha dato una pacca sulla spalla perché ho sconfitto Joe Frazier. A Dio non gliene frega niente di Joe Frazier. Non gliene frega niente di Inghilterra o di America, per quanto ne sappia io. Dio vuol sapere come trattiamo il nostro prossimo e quello che facciamo per aiutare gli altri. Perciò consacrerò la mia vita a mettere il mio nome e la mia fama al servizio delle associazioni di beneficenza, al servizio degli altri, per riportare la pace e l’unità tra i popoli... in questo mondo c’è bisogno di qualcuno che ci aiuti a ristabilire la pace. E quando morirò, se esiste un paradiso, voglio andarci».

Di Cassius Clay - Muhammad Alì, hanno detto di tutto ai suoi tempi. Alcuni lo definirono un pagliaccio retorico. In realtà le sue azioni da metà della sua vita in poi corrisposero alle parole di sopra.
Belle parole, vero, che però quando si traducono realmente in azioni creano disagio, scompiglio, sconcerto, sospetto. Certo uno che si fa la galera e si fa togliere il titolo mondiale perchè decide di non andare in guerra a uccidere i suoi simili puoi ammirarlo da lontano, in fondo ti dici, questo è pazzo.

Ecco, invece ci capita di incontrarne altri pazzi simili, nel corso della nostra vita, che ci mettono la firma e le azioni sulle parole di sopra, magari non credendo a un creatore ma semplicmente alla forza morale dentro di sè e al cielo stellato sopra di sè.
Noi ce la mettiamo la firma e le azioni?


venerdì 3 giugno 2016

Siamo una cultura dello stupro: scriviamolo sul panno rosso.



Viviamo in una cultura dello stupro, regolata dal potere e dalla discriminazione, senza accorgercene.
Quello che sta accadendo in questi giorni, la sequela della morte delle donne, dell'abuso delle donne, sconvolge sinceramente tutti e tutte. A fronte dell'emersione estemporanea e mediatica di fatti che comunque non mostrano soluzione di continuità nemmeno quando non se ne ha notizia, è forse giunto il momento di una dolorosa riflessione individuale e collettiva. Morti, violenze, indignazioni. E poi opinioni, opinioni, opinioni. Foto, la vittima, il carnefice. L'uomo nero e la donna che non si sa perché di notte stava ancora in giro da sola in macchina. O la ragazzina che se l'è andata a cercare. Sono le parole dello stupro. L'abitudine di addossare le colpe alla vittima è qualcosa di triste, inquietante e rivoltante. È una pratica che generalmente viene perpetrata dagli uomini e dalle donne, relativamente sani e che vivono in una società in cui le relazioni sono regolate dal potere e dalla sottomissione. Questo tipo di cultura, che informa di se uomini e donne, consente agli uomini di commettere tale genere di reati e poi delegittimare le vittime. Lo stupro è il mezzo più crudele al quale un uomo fa ricorso per dimostrare a una donna "chi comanda".
Lo stupro non ha a che vedere con la sessualità, la quale per essere sana e consapevole esige educazione e conoscenza, cose che mancano completamente in Italia, lo stupro è assenza di sessualità e presenza di patologia; siamo un paese che sceglie sistematicamente di essere stato asessuato, di non fornire ai cittadini, in nessun momento della sua vita, nemmeno quella adulta, conoscenze essenziali in tale ambito, scatenando il peggio del peggio: siamo il primo paese per consumo di pornografia, siamo il primo paese per consumo di sesso a pagamento, siamo il primo paese per turismo pedofilo, siamo un paese di violenze sessuali e feminicidi, siamo un paese in cui le malattie trasmesse per via sessuale sono in aumento e siamo lungi da parlarne, da mettere tutto in relazione, o dal pensare che ci sia una grave patologia sociale in corso; anzi, abbiamo le sentinelle, con tanto di sostegno di intere forze partitiche, paladine della conservazione dello status quo dell'ignoranza e della non conoscenza, che hanno inscenato le umane e le divine cose contro l'introduzione di un'educazione di genere di base, non dico sessuale, ma di genere, cioè l'abc per far crescere ragazze e ragazzi almeno sereni e rispettosi nelle relazioni, almeno quello; lo stupro non è uno scambio di emozioni, non ha nulla di affettuoso. Lo stupro è una chiara dimostrazione della forza di una persona su un'altra. Lo stupro è violenza, è costrizione, è violazione, è tortura, è mancanza di rispetto, è crudeltà, è atrocità, è un crimine che può avere diverse facce. Più che essere accettato, la cultura dello stupro viene insegnata e perpetrata in modo potente e sommerso, ai ragazzi e alle ragazze, in modo inconscio, tacito, accettato, come un fatto naturale e sociale e storico. Fin da adolescenti, riceviamo lezioni su come proteggerci, e ai ragazzi come proteggere la "propria donna", destinata a essere protetta da alcuni perché soggetta a essere oggetto di stupro da altri. Nessuno che si chieda come proteggere gli uomini o rimuovere dagli uomini questo stereotipo potentissimo della loro naturale propensione alla violenza, specie sulle donne.
È un dato di fatto che, poiché apparteniamo al genere femminile, prima o poi verremo attaccate, violentate (in realtà, si stima che una donna su cinque sia stata vittima di abusi sessuali nel corso della sua vita). In ogni caso, i ragazzi imparano presto il culto del "fallo", delle gambe aperte e dell'essere legittimati a comandare, al comando. Le donne non comandano, se lo fanno sono viste con sospetto e diffidenza e non vengono accettate come leader in primis dalle donne stesse, troppo forte è la cultura della sottomissione solo al maschile. A meno di non rinunciare alla femminilità, se la conservano, tale femminilità passa prepotentemente e sempre in primo piano rispetto alla leadership, trovando in essa e solo in essa principio e fine agli occhi di tutti, aggiungo di tutte. A meno che tale femminilità non trapassi subito in quella di madre o nonna, dunque donna matura. Ed è uno dei segni della rinuncia sociale e collettiva alla leader hip della donna in quanto persona avente una leadership e basta, e non in quanto funzione naturale, mamma, madre, o cosa, bella o brutta. È un ciclo sbilanciato quello di un'educazione e di un sistema socio culturale siffatto che si trasferisce a chi cresce attraverso la totalità dei messaggi e dei linguaggi esistenti, a prescindere da ogni iniziativa apertamente "contro la violenza sulle donne", il simbolico introiettato e manifestato che respirano intorno ovunque, nei comportamenti e nelle parole e nei fatti intorno, dice e rappresenta altro e condurrà questi adolescenti all'età adulta. Con un coacervo di dubbi e mancate educazioni indispensabili, su tutte l'educazione sessuale, convitata di pietra di rapporti dissolti, assolti o non risolti, con se stessi e con l'altro e l'altra. Perchè il sesso appare e scompare di volta in volta come strumento, obiettivo, arma, canale, dominatore, rimozione, e tutto quel che ci viene in testa. Ma non come educazione, e tale dovrebbe essere innanzitutto. Nulla rema oggi in Italia contro una presentazione e rappresentazione e funzione e azione della donna di tipo diverso. Sicuramente non lo fanno nè il sistema legislativo, nè quello comunicativo, nè quello informativo. Anzi. In un circolo vizioso tra società immatura e cultura immatura. A prescindere da ogni educazione scolastica contro la violenza sulle donne, tale violenza, se non viene identificata, limitata, definita nella sua vera essenza e origine, trova feroci e insospettabili modalità di generarsi e autogenerarsi in una definizione sempre identica di vittima e carnefice. Allontanando sempre di più uomini e donne.
Gli uomini che commettono degli stupri non sono poi così lontani da questa profonda cultura, che ha la forza potente di ogni archetipo, siamo ben oltre lo stereotipo. Così come gli uomini che non ne commettono affatto di violenze, che sono sinceramente indignati di fronte a violenze sessuali o crimini di genere, ma che credono inconsciamente che una donna abbia ragione d'essere solo in relazione a loro, e finiscono con l'essere soggetti alla stessa mentalità, senza saperlo, senza riconoscerlo, pur dichiarandosi contro ogni violenza, nel volerne fare oggetto di protezione e non soggetto di azione. Il linguaggio, come espressione del limite del mondo rappresentato dagli uomini e non dalle donne, diventa sottile ma macroscopica manifestazione di tutto ciò, l'assenza delle donne da ruoli diversi da quelli che storia e natura le hanno assegnato.  Questa realtà è poco esplorata, rimossa, minimizzata. E, di stupro in stupro, di morte in morte, appendiamo stracci rossi alle finestre, certi in cuor nostro della necessità non violenza e della battaglia alla discriminazione ma immersi dentro essa fino al collo. Non meno grave sarebbe, anche se immensamente più rara e atipica, la presenza di casi inversi, di violenza o morte agita da una donna su un uomo in quanto uomo. Perché sarebbe segno di meccanismi patologici simili. Da analizzare e condannare in modo identico, senza tentazioni comparative o giustificazioniste. La donna in quanto donna ha ancora timore a uscire fuori nella scena pubblica, che è privata, con ruoli diversi, autonomi, nuovi, indipendenti, conscia che se lo fa dovrà pagare prezzi. La solitudine, il sospetto, la diffidenza, degli uomini e delle donne. La donna in quanto donna ha ancora tanta strada da fare per arrivarci a una scena pubblica che è emanazione di una dimensione privata paritaria, che non voglia dire uguale. Che dunque stia al suo posto. L'uomo poi, è migliaia di secoli lontano dall'iniziarla la strada per comprendere che la sua costola sta ancora là, nel suo petto, e che le donne sono altro da se, sono accanto forse. Comprese madri e sorelle. E quello delle madri dedicherebbe uno scaffale a parte. Perchè una figlia si affranca da una madre, entrando in età adulta e relazionandosi da pari, un figlio mai. Una madre si affranca da una figlia, trattandola da adulta, da un figlio mai. Ma questa è tutta un'altra storia, dentro la stessa storia. Di potere e poteri, non di uguaglianza, di possesso e proprietà non di libertà.
E allora cosa fare? Educare, educare, educare. Non solo chi cresce ma in primis gli educatori, verso riflessioni franche e profonde, che vadano verso la rimozione e non verso l'acuirsi delle divisioni e delle discriminazioni. Le strade intraprese siano quelle giuste. Educare, educare, educare, mettendo nell'angolo i nemici della conoscenza e della consapevolezza, come complici della cultura dello stupro, della discriminazione, della sottomissione, non come guardiani di un tradizionale malinteso. Oggi tacciono gli imbroglioni del "gender" di fronte alla morte. Torneranno all'attacco come sentinelle della discriminazione e complici della cultura dello stupro, a volte ignari di esserlo, ma spesso consapevoli. Educarci, educarci, educarci, non perdere mai occasione di studiare per capire e approfondire. L'educazione non è parte della vita, ma è la vita stessa.

Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare.

giovedì 2 giugno 2016

Uomo, ehi tu.



Non vogliamo essere rispettate come donne, ma come persone, non vogliamo essere adorate e tutelate, perchè donne, non vogliamo fiori, perchè donne, ma perchè persone; non chiediamo eroismi e gesti eclatanti. Le donne sono persone, non cose, non involucri (bella, brutta, carina, alta, bassa), non funzioni (moglie, fidanzata, ex fidanzata, madre). Sono persone, nel bene e nel male, come ogni singola persona. Vogliamo la parola, l'identità, il riconoscimento e la libertà, anche quella scomoda e se non le abbiamo, ce le prendiamo. E se ce le prendiamo, cercate di accettarlo, di avere "le palle" di accettarlo, nella sfera pubblica come nella sfera privata. Cominciate a fare i conti con le vostra incapacità, noi con la nostra li abbiamo fatti da secoli. Cominciate a fare i conti con le vostre debolezze, accettatele. Noi con le nostre li abbiamo fatti da secoli. E con la nostra forza, con il nostro coraggio fateci pace, non guerra. Non si chiama isteria, non si chiama malo carattere, si chiama forza e si chiama carattere. Non si chiama aggettivo, si chiama donna, si chiama persona.
Tu ne hai? Forza tale da accettare la forza delle donne? Ce l'hai? Di ammettere che una donna ne ha, di forza? Che è immensamente più grande di qualunque tuo rimbrotto, di qualunque tuo scherno, di qualunque tua minimizzazione, di qualunque tua paura, di qualunque tua violenza? E che devi farci i conti più tu che io? Proteggi gli uomini piuttosto, quelli che la strada l'han persa e che tale coraggio non ce l'hanno. Io posso vivere senza di te, impara a vivere senza di me. Figlio mio. Fratello mio. Marito mio. Uomo mio. Non sei più mio, non sono tua madre, tua sorella, tua moglie, tua donna. Sono una donna, punto. Semplice. Le declinazioni fammele trovare da me. Non sei il mio specchio: il mio specchio sono io; mi vesto per me e se voglio cammino nuda. Per me. Non me la vado a cercare, perchè la strada è anche mia e voglio camminarci come voglio, quando voglio, esattamente come te, per andare dove voglio. 
Sola. In compagnia. Di giorno. Di notte. Non devi più difendere me, ma capire perchè qualcuno, come te, una persona normale, offende me, oltraggia me, picchia me, ammazza me. Sposta lo sguardo da me a lui e cerca di misurare la distanza da te a lui, da te a te stesso, fate i conti con la vostra anima. Cammina per la strada, senza invadere, oscurare, occupare la mia e allora mi troverai accanto. Io non ho bisogno della tua forza fisica, ho bisogno oggi della tua forza morale nel riconoscermi come persona, in ogni mio atto, in ogni mia libertà, in ogni mia espressione. In ogni mia decisione. In ogni mia qualità e in ogni mio difetto. Persona. Trova la tua forza in altro modo e misurati con te stesso, non con me. Fallo questo sforzo. Fallo. Noi abbiamo secoli di esercizio. Se vuoi possiamo pure dirti come si fa, ma fallo. Da adulto, non solo da bambino perchè "si educano da piccoli", fallo, sforzati. Le principesse si son salvate da sole, adesso vedi di salvare te stesso, da te stesso e dalla gabbia che ti han costruito intorno. Cresci e smarcati dalla violenza, dalla supponenza, dall'equivoco, dalla tracotanza, dalle pulsioni ingiustificate e ingovernate, quando sono ingiustificabili e governabili. Smarcati dallo sguardo e pratica di più l'esercizio del pensiero, quando hai donne davanti. Un uomo non è cacciatore, il cacciatore cerca prede per ammazzarle.  Sei capace di spezzare le barre di gabbie così grandi da non vederle per primo tu?
Risolviti un'infanzia mal gestita. Un linguaggio sempre uguale, non compreso da te stesso per quel che sottende. Rituali sempre uguali, quando siete più di uno. Fallo, fallo da grande, fallo da solo, di rifletterci, che non se ne può più di tutto ciò, fallo, da solo o con altri uomini. No, non ti chiameranno frocio, a meno che tu non lo sia o voglia esserlo. Non hai nemmeno il coraggio di superare anche questo rischio? Che palle hai? Solo per la violenza, per la prevaricazione e nessuna per la vita? Riflettete su ciò che siete, su ciò che volete, su ciò che fate con le donne e delle donne. Se ne siete capaci. E allora mi troverai accanto. E quella sarà la vera famiglia. Sennò no.
E tu donna, lo hai capito?