martedì 17 novembre 2015

Oriana, troppo banale odiare

Per molte donne della mia età, Oriana Fallaci rappresenta davvero una biografia dell'anima.
Abbiamo letto ogni suo libro, ogni suo articolo, seguito la sua vita, ammirato la sua libertà, la sua indipendenza, la sua franchezza.
Al di là dei generi e sopra ogni genere ma intimamente donna.
Ogni sua uscita entrava nelle nostre stanze, sui nostri comodini. Di giovani donne contro. Di donne sempre più mature e sempre più contro. E' diventata un abito.
Letta fino alle note.
E così è stato anche per i suoi ultimi libri, che acquistai in cofanetto. Che divorai. Come tutti gli altri. E stanno lì anche loro, a portata di mano ma hanno segnato il distacco.
Senza dolore, sereno, come ogni cosa ragionata con coscienza.
Oriana, quella stessa libertà, indipendenza e franchezza che ci avevi trasferito ci furono utili per non seguirti su un terreno fascinoso ma pericoloso.
Oscuro.
Io li ho letti e li ho riletti i tuoi ultimi libri, Oriana.
A tratti incredula e proprio per non tradirti devo tradirti.
Mi spiace, io non cedo all'odio.
Non sono sono ostile all'islam. Sono sospettosa e refrattaria alle religioni, tutte, compresa la nostra, che comunque rispetto nel profondo, entro i limiti. Rispetto tutte le religioni,pur non comprendendole, e purchè non sfocino in fondamentalismo.
Il mio intendimento vale per tutte le religioni o credo,che non sono più religioni quando diventano bandiere di oppressione e oscurantismo...quando diventano pure dinamiche di potere, umano non divino.

Grazie peró, Oriana; per avermi insegnato a non cedere. Nemmeno al fascino delle idee fascinose o "di pancia", se non le condivido, specie se recano astio o, peggio, odio. Nulla toglie all'amore profondo che continuo a nutrire per molti tuoi scritti, che sono e rimangono la maggioranza. Ma gli ultimi giorni della tua vita non mi appartengono, le nostre biografie dei pensieri si dividono.
Troppo semplice e banale odiare, per donne complesse come noi.


martedì 3 novembre 2015

COME LA SCUOLA CAMBIERA' SE STESSA PER CAMBIARE IL PAESE. Il Piano nazionale scuola digitale



Non è la specie più intelligente, nè la più forte a resistere, ma quella che muta
(Charles Darwin)

E’ stato presentato da pochissimi giorni il Piano Nazionale Scuola Digitale. 

Il Piano nasce intanto dall'esame di ciò che già c'è e si fa nelle scuole nel campo dell'innovazione didattica. Nasce dall'esame di ciò che manca. Dallo studio di ciò che si fa altrove, con il vantaggio di apprendere dagli errori degli altri. Nasce dalla notra tradizione di profonda innovazione pedagogica. Nasce dal pensare che la scuola debba guidare il cambiamento e non subirlo. 
Nasce dalla testa e dall'entusiasmo di quanti ci han messo passione, lavoro e conoscenza su tutti Damien Lanfrey e Donatella Solda, della segreteria tecnica della ministra Giannini, dalla forte spinta su questi temi data dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, che sta investendo tantissimo nella banda larga, pregidiziale per far sì che molte delle cose scritte nel piano possano diventare realtà. Dai consigli di tanti altri (Damien li ha elencati in un suo articolo http://damienlanfrey.nova100.ilsole24ore.com/2015/10/30/abbiamo-un-piano-e-digitale/ ) e anche dal mio contributo, cosa di cui vado orgogliosa. 
Ma questo è uno scheletro, un bel foglio bianco tutto da scrivere e chi lo scriverà sono le scuole, i docenti, le studentesse e gli studenti. Perchè quello che dà il piano sono spunti, ma metodologie, obiettivi, premesse, devono trovarle le comunità scolastiche, com'è giusto che sia, affinchè funzioni come metodo di apprendimento e non di allenamento, aprendosi all'innovazione, al dialogo tra pari e al rapporto col mondo. 

Però non ci sono più scuse: enorme dispiegamento di mezzi su più fronti, un miliardo di euro in pochi anni per l’innovazione del mondo della scuola; su tutti l'investimento nella formazione e informazione dei docenti. Si parte da loro. Facendo tesoro degli sbagli compiuti in questo ambito9 delicatissimo da altri Paesi. Il Piano infatti parte da dove l’approfondito studio dell’Ocse dedicato al rapporto tra scuola digitale e apprendimenti punta l’attenzione: e cioè dalla consapevolezza didattica dei docenti. Laddove si è investito su tale consapevolezza gli apprendimenti hanno avuto un segno più. La dove gli investimenti sono stati solo di carattere strumentale o tecnico i rendimenti scolastici non hanno avuto gli esiti sperati, anzi.

 Il Piano Nazionale Italiano sul Digitale a scuola indica una via precisa ed vola alto: l’obiettivo non è solo quello di dotare di competenze digitali gli studenti e le studentesse in Italia, il che sarebbe già tantissimo, ma è quello di fornire ai docenti formazione e riflessioni tali per comprendere e far sì, loro, non altri, che il digitale possa essere strumento per implementare le competenze chiave: dalla comprensione del testo, alla didattica delle scienze e della matematica, alle competenze di cittadinanza  a tutte le altre. In una parola: si possono crescere nuovi cittadini del mondo globale capaci di districarsi nel mare magnum della rete, capaci di sviluppare senso critico e creatività nella rete e con la rete, capaci di costruire una nuova società e una nuova economia della conoscenza? Capaci di produrre cultura e arte, cioè la weltanschaung di questi tempi, nel senso più alto dei termini. Chiunque capisce che l’obiettivo è altissimo e comunque antico, perché esige sperimentazioni e innovazioni didattiche nel solco della nostra tradizione pedagogica, su tutte quella montessoriana.
Dare un profondo senso pedagogico e didattico a tutto il processo con linguaggi e strumenti nuovi questo raccomanda tra le righe il Piano Nazionale della Scuola Digitale: ecco perchè i docenti saranno i veri protagonisti di questa sfida che devono accogliere, fare propria e guidare.

Il Piano Nazionale della Scuola Digitale" dunque non guarda a "un semplice dispiegamento di
tecnologia" negli istituti del Paese, ma "risponde alla necessità' di costruire una visione di educazione nell'era digitale". Si parte dalle infrastrutture, dalla banda larga, ma il fine è arrivare all'"innovazione del processo educativo", basato "sull'interazione costante" degli studenti.
Cioè passare dalla trasmissione di conoscenze alla condivisione e formazione di competenze. E’ un cambio di paradigma profondo che può rendere protagonisti assoluti i docenti, togliendoli da una marginalità sociale di dibattito tutto esclusivamente professionale o legittimamente corporativo a una centralità di sviluppo culturale e collettivo del Paese intero. Siamo a una svolta profonda, la Scuola può assumerne le redini?

Il perno è dunque la didattica delle competenze, per chi non lo sapesse sono quelle otto “competenze chiave” definite in sede europea nel 2000 che il sistema d’istruzione di ciascun paese UE deve trasferire agli studenti e alle studentesse per formarli come cittadini globali. Alcune facili e immediate a comprendersi, come la comprensione di un testo scritto complesso e il ragionamento logico-matematico (leggere, scrivere e fare di conto sono, oggi come ieri, la base per tutto, il punto è come), altre meno immediate come l’autoimprenditorialità, la capacità di imparare ad imparare e altre ancora. Si ritiene che tali nuove competenze siano facilitate da nuovi linguaggi e innovazioni didattiche, con i nuovi processi di insegnamento e apprendimento, che sedimentino i saperi tradizionali ma li collochino nel mondo di oggi, che è digitale. Piaccia o non piaccia.  Che ha come parole d’ordine condivisione, cooperative, sharing, circolarità, laboratorio...parole che i nostri adolescenti conoscono benissimo ma praticano pochissimo a scuola.L'obiettivo finale è quello di favorire, senza subirla la trasformazione culturale che sta riguardando ogni ambito dell'esistente e la scuola, da schiava dei software o ignara dei software deve porsi a timone, a guida, non sentinella delle macchine ma padrona, in un processo che partendo dalla scuola raggiunga tutte le famiglie, da Nord a Sud, dal centro alla periferia.

Il "Piano nazionale per la scuola digitale", presentato ieri al Miur, e' in sostanza un manuale operativo, indirizzato a tutte le scuole, che spiega quali innovazioni saranno avviate a livello nazionale da qui al 2020.

Quattro gli ambiti di lavoro (strumenti, competenze e contenuti, formazione, accompagnamento delle
scuole), per un totale di 35 azioni. Tra queste: la fibra e banda ultra larga alla porta di ogni scuola, il cablaggio interno di tutti gli spazi delle scuole, gli ambienti digitali per la didattica, le biblioteche digitali scolastiche, il registro elettronico e il pensiero computazionale per tutte le scuole primarie, risorse per pagare il canone di connettivita', ma, soprattutto, la formazione in servizio per tutto il personale, e una nuova strategia nazionale per l'apprendimento pratico e i laboratori, un quadro comune per le competenze digitali degli studenti, un responsabile per il digitale per ogni istituto ("animatore digitale") che accompagni e aiuti i colleghi alla scoperta delle buone pratiche che già si compiono e che sperimenti altro ancora .
Del miliardo a disposizione, "600 milioni saranno investiti per la parte infrastrutturale, 400 per la parte software, cioe' sviluppare competenze, monitorare lo stato dell'arte, formare l'intera comunita' scolastica dagli insegnanti al personale amministrativo” in un processo che sarà in larga misura peer to peer.

L'innovazione dovrà far parte anche del mondo accademico per mutare il percorso della formazione iniziale dei docenti, su cui il Parlamento ha dato delega al Governo. E in quella formazione larga parte avranno la didattica, la pedagogia, la metodologia e l'innovazione e la sperimentazione. Scienze e metodi che hanno tenuto lontani finora i cosiddetti docenti disciplinaristi, nonostante proprio la didattica delle discipline abbia bisogno oggi di nuove riflessioni e sperimentazioni, su tutte la matematica, esattamente per dare "testa pedagogica" a tutto il processo di innovazione a scuola. 

La Scuola non può rimanere indietro, anzi il contrario, e ancora, non può essere ancillare: è la Scuola che deve porsi a guida, per investire sulla conoscenza. E’ una sfida che il Paese pone alla Scuola e che la Scuola deve raccogliere. Perché è vero, qua si parrà la sua nobilitate, nella capacità di assumersi responsabilità dei cambiamenti utili per le generazioni di domani pur rimanendo se stessa.