sabato 7 febbraio 2015

Non sono un orango e non sono charlie.Dove finisce la libertà e comincia l'arbitrio.




Io sono Charlie nella libertà, non  sono Charlie nell'arbitrio. 
Il sonno della morale condivisa sta generando, secondo il parer mio, mostri d'arbitrio, non di libertà.

 "Tutti sanno con Orazio, che le leggi senza i costumi non bastano, e da altra parte che i costumi dipendono e sono determinati e fondati principalmente e garantiti dalle opinioni." 

Ho pensato subito al  Leopardi del Discorso sullo stato presente dei costumi degli italiani,  nel passaggio in cui Casson, interrogato sulla vicenda di Calderoli che definisce Kyenge un orango, si appella e rimanda alla legge. Cosa che non han deciso i componenti della Giunta del Senato che doveva esprimersi in tal senso. Per me è gravissimo che la Giunta si sia spaccata, è grave tanto quanto la costatazione che sono lo specchio di un Paese spaccato sui diritti. E dunque sulla Costituzione.

Calderoli è passibile di condanna di legge, e le leggi esistono, ma, domanda: l'opinione corrente degli italiani, i costumi correnti degli italiani, lo condannano allo stesso modo?

La legge è divenuta tristemente delega di comportamento in assenza di morale della dignità della persona, comune condivisa e vissuta? Un surrogato di passato, quando le opinioni comuni ormai sono in tutt'altra direzione: la spaccatura. Mi sbaglio?

È opinione comune oggi un non più velato razzismo. Un non più velato sessismo. Un non più velato degrado dei diritti. Non generale, ovvio, ma di una parte nutrita del Paese sì.
E che chi vuol raccgliere consensi facili non ha che appellarsi a tutto ciò per avere nello stesso tempo: applausi da una prateria sempre più affollata e sdegno da un settore sempre più spoglio. Mi sbaglio?

Non abbiamo più una morale comune fortemente condivisa fondata sulla dignità e sui diritti. Abbiamo una doppia morale, una immoralità, un fate un po' come cazzo vi pare. Diciamo che dalla libertà della responsabilità si è deragliati al libero arbitrio. All'arbitrarietà.E guai a intaccarlo o toccarlo. 
Appena inarchi il sopracciglio di fronte a certe uscite, a certe dichiarazioni, come anche azioni, son tutti Charlie. Son tutti nell'alveo comodo e magno della Satira uber alles. Della libertà..Io direi più dell'arbitrio per convenienza, per effetto non della libertà. 
La satira si fonda sempre su uno strato di opinione comune, non farebbe presa sennò, e allora il bandolo sta là: il comune sentire non è più comune.
Tutto ciò non cozza con l'idea civica e civile del  patto collettivo sui diritti che è alla base del nostro vivere sociale ?
Del vivere comune fondato su valori e diritti della persona? Su una Carta, legge superiore dello Stato, che li sancisce e li difende perchè le opinioni comuni li condividono e li supportano senza bisogno di ricorrere alla legge? Davvero tali diritti sono condivisi e supportati da tutti? 

Davvero l'Italia non è spaccata profondamente su valori e diritti e nel vuoto e nella spaccatura son le convenienze a invadere il campo: le opportunità personali della politica, le convenienze della difesa del proprio in tempo di crisi, le assenze educative di una scuola che non avverte le necessità di ricreare quel patto sul serio e strutturalmente: educando, formando e selezionando e aggiornando personale educativo, con missioni chiare predisposto a rifletterci sopra in modo serio, giorno per giorno, non personale meramente disciplinare, burocratico, amministrativo che spesso su temi spinosi rimane assente, inadeguato proprio perchè non esistono mandati chiari e condivisi in tal senso. Razzismo, sessismo, cultura di genere, diritti di religioni al plurale e diritti di laicità. No, non se ne può parlare..o meglio..tutto è demandato all'autonomia scolastica che si trova in un front office di genitori inviperiti per l'una o l'altra posizione. E di docenti confusi o impauriti sul da farsi. 
Meglio non fare o fare? E intanto le tv, il web diventano praterie selvagge di arbitri e scorribande.
E intanto gli italiani crescono, senza tetto comune e legge morale collettiva.

Forse vogliamo prenderci in giro, non affrontando la questione dal principio.

  "Tutti sanno con Orazio, che le leggi senza i costumi non bastano, e da altra parte che i costumi (l'etica collettiva) dipendono e sono determinati e fondati principalmente e garantiti dalle opinioni." 
E il dubbio sulla modalità con cui si formano oggi le opinioni è presente e vivo. 
Su quali dati, su quali fatti e su quali strumentalità. quanto non siano opinioni ma luoghi comuni. Quanto non siano manipolate per esigenze le più varie, dal consenso al dissenso sapientemente indotti da assenze o da dogmi educativi contrapposti piuttosto che da maturi pluralismi di pensiero.

Giacomino punto e accapo, ne avremmo da parlare sullo stato presente dei costumi degli italiani. Infinitamente.

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